L’America è in mezzo a un guado. Una posizione evidenziata sia dall’andamento della Borsa (l’indice Msci Usa nell’ultimo mese – fino al 7 maggio e calcolato in euro - ha guadagnato lo 0,6%, portando la performance da inizio anno a +1%), sia dai dati macro.
Il Pil non gira
La crescita del Prodotto interno lordo statunitense è rallentata nel primo trimestre di quest’anno molto più delle attese, allo 0,1% dal 2,6% registrato nell’ultimo quarto del 2013. Il dipartimento del Commercio (da cui sono arrivati i dati), peraltro, aveva già rivisto il dato dei tre mesi ottobre-dicembre dall’iniziale +2,4%. Le attese degli analisti per gennaio-marzo erano per una crescita dell’1,1%. Quella del primo trimestre 2014 è la più bassa crescita in cinque anni. Il forte rallentamento, comunque, segue il progresso (+3,4%) registrato dal Pil Usa nella seconda parte del 2013. Anche le avverse condizioni climatiche, che hanno caratterizzato il periodo preso in considerazione hanno pesato sul dato, frenando sensibilmente la crescita della spesa per i beni di consumo ad appena +0,4% (+3,3% nel trimestre precedente), mentre la spesa al consumo nel suo complesso è cresciuta del 3% contro il +3,3% degli ultimi tre mesi del 2013. Le esportazioni sono invece crollate del 7,6%: si tratta del peggiore dato da quando è finita la recessione e, secondo gli esperti, testimonia che la debolezza delle economie di Europa e Asia sta avendo pesanti ripercussioni nella domanda di beni e servizi statunitensi.
La Federal Reserve, intanto, fa professione di ottimismo. “Molti dei recenti indicatori suggeriscono che la crescita sia sulla giusta traiettoria nel trimestre in corso”, ha detto il presidente della Banca centrale Usa, Janet Yellen, durante la testimonianza sull’economia americana davanti alla commissione economica congiunta del Congresso.
Un quadro complicato
Guardando i numeri, tuttavia, il quadro che emerge è un po’ più complesso. Marzo è stato un altro mese positivo per gli ordini di beni durevoli, che hanno ancora accelerato facendo registrare un rialzo mensile del 2,6%, dopo il +2,2% di febbraio. In netta ripresa anche la misura core (ex aerei e ordini del settore difesa), salita del 2,2% dopo il calo del mese precedente, probabilmente dovuto alle condizioni climatiche sfavorevoli. “Il dato è sicuramente positivo e indica la ripresa degli investimenti fissi delle imprese dopo il debole inizio d’anno”, spiega un report di Banca Intermobiliare. Ma poi la situazione si ingarbuglia. I dati sul mercato immobiliare di marzo, ad esempio, continuano a essere contrastanti, a causa delle diverse forze che stanno muovendo il settore. Da una parte ci sono fattori negativi (temporanei, come le difficoltà climatiche di gennaio-febbraio e più strutturali come il rialzo dei prezzi e del costo dei mutui), che rallentano l’attività. Dall’altra ci sono segnali di ripresa dell’economia che dovrebbero sostenere il trend del real estate. In questo contesto si collocano i dati di marzo, con le vendite di case nuove in forte calo e i nuovi contratti in ripresa.
Anche gli indici sulla fiducia dei consumatori non danno una fotografia precisa: rivisto al rialzo quello elaborato dall’Università del Michigan, a 84,1 ad aprile dall’82,6 della prima lettura e da 80 di marzo; mentre quello misurato dal Conference Board è sceso a 82,3 dopo che il dato di marzo è stato rivisto al rialzo a 83,9.
“Una situazione del genere induce alla cautela”, spiega Robert Johnson, responsabile della ricerca economica di Morningstar. “Alcune stime parlano di una crescita del Pil del 3% nel secondo trimestre. Se anche queste previsioni fossero confermate dai fatti, avremmo una crescita nel primo semestre minore del 2%. Per parlare di accelerazione dell’economia avremmo bisogno di numeri un po’ più forti”.
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