Il mosaico delle asset class sui mercati internazionali ha cambiato forma nel primo trimestre del 2014. Secondo il Morningstar Market Observer, i più alti rendimenti si sono registrati nel settore delle materie prime, che nel 2013 erano state il fanalino di coda. E’ stato minimo, invece, l’apprezzamento delle altre classi di attività, comprese le azioni che erano state protagoniste nei dodici mesi precedenti.
Emergenti a buon prezzo
L’unico segno meno è quello delle Borse emergenti, penalizzate dai timori per il rallentamento cinese e gli sviluppi del tapering (fine della politica ultra-espansiva) americano. Per gli analisti di Morningstar sono l’asset class più a sconto, dal momento che tratta a meno di 12 volte gli utili, contro un p/e di 18 per l’S&P500. Gli investitori, tuttavia, non devono sottovalutare l’effetto valutario. Ad esempio, il listino sudafricano ha avuto un rendimento del 58% annualizzato in rand nell’ultimo triennio, ma tradotto in dollari il risultato è appena dell’1,7% a causa del crollo della divisa locale rispetto al biglietto verde.
Bond meglio dell’equity
Mentre tra gli investitori è tornato l’interesse per le azioni, dopo le performance dell’anno scorso, i migliori rendimenti nei primi tre mesi del 2014 si sono registrati nel reddito fisso, dove i principali indici hanno sovraperformato l’equity a fronte di tassi in calo.
Se nell’ultimo quinquennio, un portafoglio aggressivo di titoli americani (80% azioni e 20% bond statunitensi) ha reso molto più di uno bilanciato o prudente, nel primo trimestre il ritorno ricevuto da chi ha assunto più rischi è stato decisamente contenuto.
2013 alle spalle
La principale sorpresa riguarda, però, le materie prime. In un contesto geopolitico poco favorevole, caratterizzato dalle tensioni tra Russia e Ucraina, e condizioni climatiche avverse (un inverno freddo negli Stati Uniti e la siccità in Brasile), le commodity hanno invertito la tendenza dopo un 2013 povero di rendimenti. Continua a stupire il ritmo di crescita della produzione di petrolio negli Stati Uniti, grazie alle nuove tecniche di fracking (estrazione da giacimenti rocciosi). Si prevede che il trend durerà almeno fino al 2020, anche se gli incrementi su base annua saranno più contenuti dal 2017.
Storicamente, le risorse naturali sono considerate strumenti di diversificazione del portafoglio, tuttavia gli investitori devono essere consapevoli del fatto che, dal 2007, la correlazione rispetto alle azioni americane è aumentata significativamente, probabilmente proprio a causa dell’aumentato interesse degli investitori e della facilità di accesso attraverso i fondi e gli Etp (Exchange traded product).
Tempi sbagliati
Di fronte a questo mosaico di asset class in continuo cambiamento, gli investitori perseverano nello sbagliare i tempi di ingresso, allocando risorse in quelle che successivamente si rivelano categorie con performance inferiori. Ad esempio, lo studio rivela che la maggior parte dei fondi con flussi positivi nel 2012, sono stati poveri di risultati l’anno successivo. Il gap tra il total return e l’investor return (rendimento ponderato per i flussi) medio a dieci anni è stato del 2,5%, con punte più elevate tra gli azionari internazionali e settoriali.
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