Nuovo e Vecchio continente si danno il cambio nella salita verso la ripresa economica. Come Bartali passò la borraccia a Coppi nel Tour del 1952 per poi mettersi a ruota, così Stati Uniti e Cina sembrano aspettarsi che a trascinare i mercati siano ora i dati macro europei.
Usa frenati dal gelo
L’anno nuovo è partito male per le prime due economie del mondo. Gli Usa hanno dovuto far fronte a uno degli inverni più freddi della storia che ha finito inevitabilmente per pesare sulle attività del paese. Il 2013 si era concluso con una crescita del +3,3% del Pil nel quarto trimestre, mentre i primi tre mesi del 2014 hanno visto un progresso dello 0,1%. Gli analisti si aspettano che la ripresa dei consumi e gli investimenti societari contribuiscano a un rimbalzo nel secondo periodo, ma hanno comunque tagliato dal 2,7% al 2,5% le stime per l’economia statunitense per fine anno.
La Cina paga il periodo di transizione
Per il Dragone, invece, la situazione sembra più complicata. Il rallentamento dal +7,6% del quarto trimestre al +5,9% dei primi tre mesi dell’anno suona come un campanello d’allarme e, sebbene gli analisti prevedano un miglioramento nel corso dell’anno, il futuro dell’economia del paese dipenderà dall’efficacia delle riforme promesse dal governo di Pechino. L’obiettivo è quello di progredire verso un’economia maggiormente centrata sui consumi interni, garantendo stabilità e maggior efficienza dei mercati. Al momento, però, a parte gli annunci restano solo i negativi dati della produzione industriale.
Le difficoltà delle due super-potenze (che rappresentano il 40% del Pil mondiale) si ripercuotono inevitabilmente sulla congiuntura globale. Rispetto al primo trimestre del 2013, il Prodotto interno lordo mondiale è cresciuto quest’anno di un punto percentuale in meno (2,4% contro il 3,4%), ma gli investitori europei possono consolarsi con il fatto che a limitare i danni, questa volta, ci penseranno le economie del Vecchio continente.
Eurolandia e Regno Unito megilo delle attese
Gli analisti hanno corretto le aspettative di crescita dell’area euro per il primo trimestre dell’anno, portandole a +1,4%, e stimano che la regione possa pesare per il 60% sul progresso del Pil mondiale previsto per fine anno. Gli ultimi dati, infatti, dicono che la ripresa non si è arrestata. L’indice Pmi composto, che cattura l’andamento dell’attività manifatturiera e dei servizi, è salito ai massimi degli ultimi tre anni e il rafforzamento nei prossimi mesi della Germania (che rappresenta il 30% circa dell’economia di Eurolandia) potrebbe condurre l’area euro a un miglioramento anche superiore alle attese iniziali.
Segnali incoraggianti arrivano anche dall’altra sponda della Manica. Le previsioni sul Pil britannico sono state riviste al rialzo ogni mese da inizio anno e sebbene nel primo trimestre l’aggregato abbia registrato una crescita dello 0,8% (sotto le attese del mercato), la variazione anno su anno indica un +3,1%, la più alta degli ultimi sei anni. Le stime parlano di un’accelerazione della congiuntura nel Regno Unito, che potrebbe concludere il 2014 mettendo a segno un +3%.
Occhio a bancari e industriali
Sui mercati, intanto, si aspetta l’annuncio del taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea. La decisione sembra scontata e dovrebbe concretizzarsi nella riunione del board dell’Eurotower previsto il prossimo giugno. Mentre la reazione delle piazze finanziarie si farà sentire solo quando i dati mostreranno la reale efficacia delle misure di politica monetaria messe in campo dalla Bce. La riduzione del costo del denaro dovrebbe sostenere ulteriormente la congiuntura economica nel Vecchio continente, dicono gli analisti, che suggeriscono di prendere posizione sui titoli del comparto finanziario e manifatturiero che continuano ad avere valutazioni molto convenienti.
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