Valerio Baselli: Siamo all’ITForum, la fiera sugli investimenti e sul trading che si tiene ogni anno a Rimini, sono in compagnia Enrico Maria Cervellati, professore aggregato di finanza aziendale presso l’Università di Bologna e presso la Luiss Guido Carli di Roma. Grazie professore di essere qui.
Enrico Maria Cervellati: Grazie a voi.
Baselli: Tu curerai qui a Rimini un seminario dedicato alla pianificazione finanziaria e alla contabilità mentale. Cosa si intende quando si parla di contabilità mentale? Magari non tutti sanno di cosa si tratta.
Cervellati: La contabilità mentale è essenzialmente la tendenza delle persone a separare la ricchezza in conti mentali distinti, come se fosse una piccola azienda con tanti piccoli contabili con il loro budget. Quindi, ad esempio, mettiamo dei soldi in un conto dedicato alle spese correnti, soldi per il mutuo, per pagare l’affitto. Questo spiega alcune irrazionalità da parte dell’investitore, ma anche nella vita quotidiana. Questo è il motivo per cui, ad esempio, spendiamo con più facilità i soldi una volta che siamo in vacanza, perché una volta allocato il budget si spendono più facilmente.
Dal punto di vista degli investitori spiega, ad esempio, la preferenza per i titoli che pagano un’alta cedola o dividendo. Perché il dividendo o la cedola, vengono contabilmente messi in un conto mentale che è reddito corrente e quindi spendibile. Quindi, le persone che hanno bisogno di liquidità e non vogliono vendere titoli, li preferiscono.
Baselli: La contabilità mentale quindi fa parte di quelle distorsioni cognitive di cui tratta la finanza comportamentale, che è ovviamente una disciplina molto più ampia. Come si possono attenuare queste distorsioni a cui tutti gli investitori, volenti o nolenti, sono esposti?
Cervellati: La finanza comportamentale appunto spiega come la psicologia delle persone influenzi le loro decisioni di investimento. Uno dei temi è appunto quello della contabilità mentale. Ci sono diverse tecniche, quelle più frequenti sono gli effetti di framing, che significa cornice. Cioè, a seconda di come inquadro un problema sono in grado di influenzare la decisione del mio cliente. Ad esempio, se ho un cliente che tende a separare in conti mentali distinti la sua ricchezza, devo fargli capire che bisogna valutare la performance cumulata di un portafoglio, in modo che non abbia la tendenza continua ad andare a separare mentalmente. Però devo dire anche che non è sempre negativa, perché la contabilità mentale aiuta gli investitori a gestire meglio la complessità, e quindi li tranquillizza. Un consiglio per i consulenti, prima di cercare di risolvere, è appurare che invece non sia di aiuto.
Baselli: Ecco, quanto è importante per un financial planner conoscere queste distorsioni e come poi può aiutare i propri clienti a evitarle?
Cervellati: A mio avviso è assolutamente fondamentale, anche perché la contabilità mentale è alla base di quella che viene denominata la teoria di portafoglio comportamentale, che è molto diversa dalla teoria di portafoglio classica. L’investitore normale non sa cosa sia l’approccio di media varianza di Markovitz, quindi sembra che tenda a costruire il portafoglio con un approccio piramidale, con conti mentali distinti. Il consulente deve capire che conti mentali utilizza una persona, perché sono distinti a seconda dell’obiettivo d’investimento e anche la tolleranza al rischio varia. Se non si tiene conto della contabilità mentale del cliente e si propone semplicemente un’asset allocation tradizionale, molto probabilmente il cliente non sarà in grado di gestirla e al primo scossone di Borsa sarà nell’ufficio del consulente a dire “vendi tutto, cambia tutto”.
Baselli: Grazie al professor Cervellati.
Cervellati: Grazie a voi.
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