Se il governo giapponese voleva far dimenticare al Sol levante la deflazione, sembra esserci riuscito. Almeno per il momento. Ad aprile, dopo l’entrata a regime dell’aumento dell’Iva dal 5% all’8%, i prezzi al consumo hanno messo a segno lo scatto più deciso dal 1991. La crescita è stata del 3,2%, di poco sopra le previsioni degli economisti. Il mercato ha brindato alla buona notizia: l’indice Msci del Sol levante nell’ultimo mese ha guadagnato il 5,8%, portando a -1,7% la performance da inizio anno.
Le famiglie, da parte loro, hanno avuto meno da festeggiare. Le novità nell’imposizione fiscale, infatti, hanno pesato in maniera speculare sui consumi, crollati del 4,6% rispetto all’anno scorso. In calo anche la produzione industriale, con le aziende giapponesi che hanno rallentato le attività per evitare un’eccessiva accumulazione degli inventari.
Crescita a rischio?
“L’impatto dell'imposta sui consumi rende difficile valutare il ritmo di crescita economica”, spiega una nota firmata da Mark Burgess, responsabile degli investimenti di Threadneedle Investments. “La Bank of Japan ha rivisto lievemente al ribasso le previsioni di crescita, in linea con il peggioramento delle indagini sulle imprese, ma nel complesso ritiene che l’inasprimento fiscale non inciderà negativamente sulla ripresa. I primi riscontri suggeriscono che l’effetto iniziale sia stato meno pronunciato di quanto temuto”. L’istituto centrale ha comunque ribadito la necessita di combattere la deflazione spingendo l’indice dei prezzi al consumo verso l'obiettivo del 2% annuo.
Nel primo trimestre 2014, intanto, il Prodotto interno lordo reale giapponese è cresciuto a un tasso annualizzato del 5,9%, pari a un incremento dell’1,5% sul trimestre precedente. Si tratta del sesto trimestre consecutivo di espansione, il ritmo più forte dal terzo trimestre del 2011 (quando il Paese si è dovuto risollevare dopo lo tsunami del marzo precedente). La Banca del Giappone ha confermato la politica monetaria espansiva basata sull’aumento della liquidità per 60/70mila miliardi di yen all'anno attraverso l’acquisto di titoli.
Busta paga più pesante
Qualcosa da festeggiare, tuttavia, i giapponesi ce l’hanno. A primavera c’è stato il primo vero aumento dei salari dell’ultimo decennio. “Resta da vedere se la crescita delle buste paga sarà sufficiente a prevenire l’erosione del potere d’acquisto in uno scenario di tasse e inflazione crescenti”, spiega una nota firmata da Thomas D. Higgins, capo economista e responsabile della strategia globale di Standish Mellon Asset Management Company (gruppo Bny Mellon). “Ma i dati fondamentali vanno nella giusta direzione”. La società prevede una crescita del Pil del Giappone pari all’1% nel 2014 e nel 2015.
Mercato in ripresa
“Grazie al successo delle riforme, lo scenario per i titoli nipponici sta diventando ancor più convincente dato che le valutazioni restano basse. Rimane quindi un significativo potenziale al rialzo di medio termine per investitori di lungo periodo orientati sui fondamentali”, spiega una nota di Union Bancaire Privée. “Inoltre, dato il tradizionale outlook prudente sull’economia giapponese, gli investitori nipponici, come quelli stranieri, sono stati piuttosto scettici e stanno iniziando solo ora a riporre fiducia nelle politiche di Abe (il primo ministro che lanciato il piano economico per far uscire il paese dalla deflazione, Ndr http://www.morningstar.it/it/news/110757/labenomic-viaggia-a-regime.aspx): il mercato sta cominciando ora ad apprezzare i benefici di queste riforme e dovrebbe quindi continuare a salire”.
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