I mercati di frontiera continuano a sedurre gli investitori. L’indice Msci di questo asset di investimento nell’ultimo mese (fino al 9 giugno e calcolato in euro) ha guadagnato il 7,7%, portando a +22,4% la performance da inizio anno. “Gli operatori si sono accorti che i frontier market funzionano bene come strumento di diversificazione dei portafogli”, spiega Malick Badjie, responsabile delle soluzioni per gli investitori di Silk Invest (Si). “E’ vero che in molti casi abbiamo a che fare con aree molto volatili, ma anche da quelle parti si sta portando avanti un processo di modernizzazione che le renderà sempre più stabili”.
Sulla via degli Emerging
La strada che stanno seguendo assomiglia per certi versi a quella tracciata anni fa dagli emergenti. Secondo i dati elaborati da Si, nel 2014 i mercati di frontiera avranno una crescita del Pil superiore al 5%, contro quella del 4,5% segnata dal gruppo Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e del 2,6% registrata dagli Stati Uniti. “Certo, l’andamento non sarà omogeneo per tutti i paesi, ma il dato aggregato ci dà una buona idea delle potenzialità con cui hanno a che fare gli investitori”, continua Badjie. “L’andamento è simile a quello visto nel 2012 e nel 2013. L’inflazione, intanto, resterà sotto controllo e, comunque, al di sotto del livello che si avrà nei Bric”.
L’Africa consuma
Le opportunità di investimento sembrano essere sparse soprattutto in Africa, un continente che può contare su 1 miliardo di abitanti (il 15% della popolazione globale), su una crescita del Pil del 5,5% almeno fino al 2017, sull’essere sesto tra i 10 paesi a più veloce tasso di crescita del mondo e tra i 27 stati dove le famiglie hanno un reddito medio-alto. Ma può contare anche su 128 milioni di persone che sono diventate acquirenti abituali di beni di consumo. “E proprio in questo segmento, secondo noi, ci sono le opportunità di investimento più interessanti”, continua Badjie. “Spesso, quando la gente parla dei mercati di frontiera – e dell’Africa in particolare - come opportunità di investimento, si riferisce alle materie prime senza considerare che si tratta anche di zone ricche di consumatori e di aziende che producono per i mercati locali. Nella maggior parte dei casi si tratta di società ben gestite, con standard di corporate governance sempre più in linea con i migliori mercati emergenti e aperte all’arrivo di capitali stranieri per ingrandirsi”.
Anche l’idea delle difficoltà politiche che renderebbero complesso fare business in quelle aree sta cambiando con il tempo. Secondo i dati elaborati dalla Banca Mondiale, paesi come Egitto, Kenya e Nigeria hanno strandard sostanzialmente in linea con quelli dei Bric. Nel 2010, inoltre, il governatore della Nigerian Central Bank è stato votato come miglior banchiere centrale del mondo.
Anche dal punto meramente operativo la situazione sembra interessante. Almeno a guardare i numeri. “I mercati di frontiera vengono trattati a 2,4% volte i livelli del 2002 contro il 3,6 dei Bric. I rendimenti da dividendi previsti per il 2015, invece, sono più alti sia a quelli degli emergenti che a quelli delle aziende quotate nel paniere Msci World”.
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