Il successo dei fondi bilanciati è un fenomeno principalmente europeo. Secondo il Morningstar Global Fund Report del 2013, a livello internazionale i fondi di allocation hanno raccolto 220,3 miliardi di dollari (erano stati 84,9 nel 2012), di cui 50,3 miliardi negli Stati Uniti e quasi 130 (pari a 95 miliardi di euro) in Europa.
Il 2013 ha segnato il ritorno di fiducia degli investitori verso i mercati azionari, grazie soprattutto ai rendimenti di quelli sviluppati. I fondi equity hanno raccolto 567,4 miliardi contro i 45,2 del 2012, con particolare successo di quelli specializzati sulle Borse internazionali. Numeri record si sono registrati negli Stati Uniti, dove le strategie più popolari sono state quelle passive.
Europei fuori dal coro
Gli investitori europei hanno mostrato di preferire un passaggio più graduale verso le azioni, attraverso i fondi bilanciati. Per gli analisti di Morningstar, “si è trattato di un trend di espansione sopra la media” non solo in termini assoluti ma anche di crescita organica (ossia in rapporto agli asset di fine 2012). L’incremento percentuale, infatti, è stato del 17,4%. A confronto, il tasso di organic growth di azionari e obbligazionari è stato molto più contenuto, 4,9 e 4,1%. Il dato si presta a diverse letture: da un lato c’è la ricerca di rendimenti superiori a quelli scarni dei titoli di Stato, dall’altro una maggior propensione al rischio a fronte di un miglioramento, seppure debole, del quadro macro.
Nel 2013, due distinti trend hanno caratterizzato l’industria europea dei fondi, che complessivamente ha registrato flussi netti per 274 miliardi di euro (371,5 miliardi di dollari) in quelli a lungo termine. Nella prima parte dell’anno c’è stato un maggiore orientamento verso obbligazioni emergenti e azioni; nella seconda sono prevalsi i riscatti dal reddito fisso di fronte ai timori generati dall’annuncio della fine della politica monetaria ultra-espansiva da parte della Federal Reserve. I bilanciati hanno mostrato grande resistenza (quasi una funzione anticiclica nell’intero anno) attenuando molto il fenomeno che si è visto in modo più accentuato a livello globale di rotazione dagli azionari agli obbligazionari.
Nessuna grande rotazione
In effetti, in Europa la rotazione non c’è stata, almeno fino ad ora. I primi quattro mesi dell’anno sono stati caratterizzati da un proseguimento dell’interesse per i bilanciati, mentre non c’è stato un chiaro trend di migrazione verso l’azionario. Se è vero che nel primo trimestre questa asset class ha ricevuto più sottoscrizioni nette del reddito fisso, nel mese di aprile c’è stato un ritorno massiccio verso l’obbligazionario. Negli Stati Uniti, invece, si è assistito a un riequilibrio dei flussi verso le diverse tipologie senza nessuna che sia riuscita a dominare.
Canada e Giappone in direzione opposta
Il caso europeo può essere considerato una storia a sé per le dimensioni del fenomeno. Tuttavia i bilanciati sono stati protagonisti, in misura diversa, in altri paesi. Il 2013 è stato un anno nero per l’industria del risparmio gestito canadese, che ha visto riscatti netti complessivi per 1 miliardo di dollari canadesi (circa 920 milioni di dollari Usa). Il bilancio è stato pesante soprattutto per il segmento del reddito fisso, con deflussi per 11 miliardi, mentre i comparti di allocation hanno rappresentato una voce fuori dal coro raccogliendo 7,1 miliardi. Questi prodotti hanno riscontrato l’interesse dei risparmiatori perché abbinano una cedola periodica al mix di azioni e obbligazioni e a un approccio globale, in un paese dove il terremoto finanziario del 2008 ha provocato una fuga dagli azionari fino al 2012.
In Giappone, invece, i fondi bilanciati continuano ad essere poco popolari. Nel 2013, i deflussi netti sono stati pari a 218 miliardi di yen (circa 2,1 miliardi di dollari) a fronte di flussi positivi per i comparti a lungo termine. L’industria, e in particolare i comparti di allocation, sono stati influenzati dalla riforma della tassazione, che è entrata in vigore a gennaio 2014, ma ha indotto alcuni investitori a riscattare le quote nei mesi precedenti per il timore di contraccolpi negativi sulle performance. In prospettiva, tuttavia, il cambiamento dovrebbe essere positivo in quanto incentiva il risparmio a lungo termine tra le nuove generazioni.
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