La geografia dei prezzi

Lo sciopero dei minatori in Sudafrica ha fatto lievitare le quotazioni del palladio nella prima parte dell’anno. Ma sono molti i fattori che influiscono sull’andamento delle materie prime.  

Marco Caprotti 15/07/2014 | 09:51
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Scioperi, guerre, trend demografici. O ancora, sanzioni economiche, guasti, blocchi doganali, situazioni meteo. Sono diversi i fattori che influenzano l’andamento dei prezzi delle materie prime mettendo in discussione il semplice rapporto fra domanda e offerta.

Metalli a rischio
Uno degli esempi più recenti è arrivato dal Sudafrica, dove uno sciopero dei minatori del paese ha bloccato da gennaio a maggio di quest’anno la produzione di platino e palladio. Il risultato è stato che il prezzo del primo materiale quest’anno è cresciuto dell’8,25% arrivando a sfiorare i 1.500 dollari l’oncia, mentre il secondo è salito del 19,3% superando gli 850 dollari. I due metalli, peraltro, erano già sotto i radar sia della comunità economica che di quella mineraria internazionale. La British geological Survey, un’associazione che si occupa di studi geoscientifici, ha messo i cosiddetti Platinum group metals (Pgm) nel suo “Indice di pericolo di fornitura”: sono al 13esimo posto (su 41) fra gli elementi che hanno un valore economico a rischio di non essere disponibili a sufficienza. La ragione principale è che la produzione dell’80% di palladio e del 70% di platino fa capo solo a Sudafrica e Russia. Se ci fosse un problema in uno di questi stati (un altro sciopero o le sanzioni contro Mosca per la crisi in Ucraina), le forniture dei due materiali si ridurrebbero drasticamente. Fra le prime a disperarsi ci sarebbero le case automobilistiche che utilizzano il 67% del palladio estratto per le marmitte catalitiche.

Lo sciopero, per inciso, ha fatto bene alle azioni di Stillwater Mining, l’unico produttore americano di Pgm che, durante il periodo di blocco in Sudafrica, sono volate, mentre l’utile del primo trimestre è salito del 34%.

La guerra del barile
Il petrolio, intanto, in questi giorni sta facendo i conti con il raccendersi delle tensioni in Iraq. Per quanto riguarda il barile, le cattive notizie si mischiano a quelle buone. Nonostante alcuni atti di sabotaggio e gli scontri in atto nel paese, la produzione locale per il momento non è stata compromessa. È stato possibile anche riaprire l’impianto di Sharara che potrebbe contribuire a spingere in tempi brevi la produzione del paese a quota un milione di barili, tre volte l’attuale l’output. 

Secondo l'International Energy Agency, in generale restano le preoccupazioni legate alla sicurezza in diversi paesi del nord Africa, che stanno ostacolando gli sforzi per aumentare la produzione da parte dell’Opec. E le ultime previsioni alimentano i timori di prezzi più elevati e di scenari tutt’altro che ottimistici.

Meteo e politica
Le commodity agricole, da parte loro, devono fare i conti i capricci del tempo e le tensioni politiche. Il prezzo del caffè, ad esempio, ad aprile ha toccato i massimi degli ultimi due anni a causa di una eccezionale siccità che si è abbattuta sul Brasile (da cui arriva un terzo del prodotto mondiale) proprio nella stagione delle piogge. Il +8% segnato dal grano da inizio anno è stato invece (in parte) dovuto alle tensioni tra Mosca e Kiev. Dall’Ucraina parte il 16% del mais venduto a livello mondiale.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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