Quali fondi hanno fatto bene nell’universo delle commodity? Generalmente, non è una sola strategia ad aver fatto la differenza negli ultimi anni.
I comparti appartenenti alle categorie Materie prime (fondi con mandato di investimento in diverse tipologie di strumenti finanziari e direttamente esposti all’andamento delle materie prime) non ricevono Morningstar Rating (le stelle), a causa della diversa natura dei costituenti. Ciò non impedisce di calcolare il Morningstar Risk Adjusted Return (la misura di rendimento aggiustato per i costi e per il rischio alla base del Morningstar Rating), per vedere quali hanno ottenuto i migliori risultati negli ultimi tre anni. Riportiamo la top 10, avendo considerato solo i fondi vendibili in Italia agli investitori retail, denominati in dollari e euro e con almeno tre anni di storia.
Il fondo che risulta essere il migliore (in termini relativi, perchè nessuno dei comparti ha chiuso il triennio con il segno più) è stato il Threadneedle Enhanced Commodities Portfolio, guidato da Nicolas Robin e dal direttore investimenti commodity di ThreadneedleDavid Donora (un veterano del settore con oltre venti anni di esperienza). Questo comparto utilizza una strategia attiva rispetto ad un benchmark diversificato (DJ Ubs Commodity Index): attraverso un approccio bottom up vengono formulate previsioni di medio termine sull’andamento delle singole materie prime, da cui derivano i relativi sovra- e sottopesi. Ciononostante, è impossibile trarre conclusioni generalizzate: tra i primi dieci coesistono fondi con strategie estremamente eterogenee. Ad esempio, solo alcuni adottano processi attivi di selezione dei mercati e degli strumenti finanziari (Threadneedle, Pimco, Swiss&Global, Pioneer, Dws). Altri seguono una strategia di arbitraggio (Parvest) o di replica di un indice di riferimento (Barclays, Credit Suisse, Ing). Tale differenziazione spiega tra l’altro la disparità tra i costi (colonna Spese correnti).
L’offerta
Sono oltre 200 i fondi di questo tipo venduti in Europa (prevalentemente classificati nella categoria “Materie Prime - generiche”), con circa 50 miliardi di euro di masse gestite (più del doppio rispetto a cinque anni fa), benché solo poco più di 30 siano distribuiti oggi in Italia agli investitori retail. Molti di essi sono nati relativamente presto e solo una dozzina vanta un track record superiore ai cinque anni.
In realtà, questa asset class ha raccolto l’interesse degli investitori abbastanza recentemente, pur restando un mercato relativamente di nicchia. Di seguito riportiamo l’andamento dei flussi di investimento in fondi ed Etf delle categorie Materie prime:
Proprio l’anno scorso si è registrato il peggior trimestre da quando Morningstar effettua le rilevazioni sui flussi di investimento in Europa. Come si può osservare, un anno fa sono stati soprattutto i metalli preziosi a capitolare, guidati dall’oro (l’indice Morningstar Gold commodity index ha perso oltre il 30% nel 2013). Tuttavia, recentemente le commodity sembrano aver di nuovo catturato l’attenzione degli investitori professionali, in cerca di opportunità in un mondo dove le azioni non sono più a buon mercato e i tassi di interesse nei paesi sviluppati restano ai minimi storici.
Nel complesso, questo mercato non ha avuto risultati brillanti negli ultimi dieci anni (ma soprattutto nei tre più recenti). Il fondo medio della categoria Materie prime – generiche (categoria che identifica fondi esposti a diverse classi di materie prime, come energia, agricoltura, metalli industriali e metalli preziosi) ha realizzato un rendimento annualizzato dello 0,72%, con una perdita massima subìta nel periodo pari al -48% (il che evidenzia la rischiosità dell’investimento) e una performance più negativa dell’indice Morningstar long-only commodity.
I fattori che influenzano le commodity
Le commodity sono un’asset class complessa, ma spesso necessaria. Complessa, perchè comprende un universo composito e disomogeneo; perchè ciascuna materia prima ha dei profili di rischio-rendimento distintivi; perchè il prezzo non riflette solo aspettative su domanda e offerta, ma è spesso (maggiormente) esposto a shock esogeni (come fattori geopolitici, valutari, costi di stoccaggio e trasporto, o aspetti legislativi, commerciali, macroeconomici). Inoltre, l’esposizione a tali mercati viene spesso ottenuta mediante l’investimento in contratti future, la cui curva dei prezzi determina la presenza di uno yield positivo (c.d. backwardation) o negativo (contango), con conseguenti ricadute sulle performance di portafoglio.
Perchè è necessaria?
Perchè, proprio grazie all’esposizione a diversi fattori di rischio, riesce ad avere un andamento decorrelato dalle asset class tradizionali (azioni e obbligazioni). In tal modo, dal punto di vista strategico ha senso allocarvi una quota del proprio portafoglio: ad esempio, in passato i rendimenti medi dei fondi appartenenti alla Categoria Morningstar Materie prime - generiche hanno avuto una correlazione negativa rispetto ai principali indici obbligazionari (Global aggregate, Governativo Usa e Governativo Eurozona), sebbene abbastanza correlata con l’andamento dell’indice azionario dei mercati emergenti globali (Msci EM, correlazione dello 0.51). I dati sono mostrati nella seguente tabella:
Questi prodotti, tuttavia, sono di rado comparabili tra di loro: adottano strategie differenziate, più o meno attive, utilizzando diverse tipologie di strumenti derivati (swaps e future), impiegando tattiche di ottimizzazione del rolling delle posizioni sui future o evitando del tutto i mercati penalizzati dal contango. Tale dipendenza dagli strumenti derivati rende più opachi i portafogli di questi fondi, senza parlare dell’aspetto valutario (molti contratti sono denominati in dollari americani; ciò dovrebbe essere tenuto in considerazione da un investitore europeo).
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