“Un settore interessante e generalmente poco capito offre agli investitori alcune opportunità in un momento in cui le valutazioni di mercato sono un po’ tirate” . Non hanno dubbi gli analisti di Morningstar quando consigliano agli investitori di mettere in portafoglio i titoli delle società finanziarie che investono in asset alternativi.
Nella maggior parte dei casi si tratta di società nate per fare attività di private equity che, nel corso degli anni, hanno allargato la loro attività per includere, fra le altre cose, forme particolari di credito (high yield, convertibili e altro), real estate e fondi di fondi. I loro clienti sono di solito, fondi pensione pubblici e privati, fondazioni, grandi istituzioni e privati super ricchi (i cosiddetti high net worth individuals, Hnw). “Insomma tutti quegli operatori che, per un motivo o per un altro, non possono investire direttamente in asset considerati rischiosi e che hanno bisogno di una società specializzata nel farlo”, spiega Stephen Ellis, direttore della ricerca equity di Morningstar. “L’interesse per questo tipo di attività, dopo un momento di difficoltà seguito alla crisi scatenata dai subprime, a partire dal 2009 si è riacceso”.
Un’opportunità per i retail
L’arrivo in Borsa di queste società sta permettendo anche ai tradizionali investitori in azioni, compresi i risparmiatori di prendere esposizione, per quanto in maniera indiretta, su segmenti di mercato che, normalmente sono destinati agli istituzionali. Un’opportunità, questa, relativamente recente. I primi gestori di asset alternativi ad andare sul mercato sono stati, nel 2007, Och-Ziff, Fortress e Blackstone, seguiti da KKR nel 2010, da Apollo nel 2011, da Oaktree e Carlyle nel 2012, mentre Ares si è quotata quest’anno.
Chi guida la crescita
Ma quali sono i driver che contribuiranno alla crescita di questo particolare segmento della finanza? “Gli elementi che noi abbiamo individuato sono sostanzialmente quattro”, dice Ellis. “Il primo è la potenziale crescita dell’attività di private equity. Il volume di affari in questo settore nel 2013 è stato di 389 miliardi di dollari, lontano dai 780 miliardi del periodo 2006-2007. C’è poi la necessità da parte di alcuni player di mercato, come i fondi pensione, di recuperare un po’ della strada persa con la tempesta dei subprime. E per farlo devono rivolgersi ad asset più rischiosi. Il terzo fattore è rappresentato dalla crescita dei super ricchi. Il mercato degli Hnw dovrebbe arrivare a 5.600 miliardi di dollari nel 2015, in termini di ricchezza investibile, rispetto ai 4.600 miliardi del 2012. Sono dei clienti per i quali Carlyle, Blackstone e KKR, ad esempio, stanno creando prodotti specifici. C’è, infine, un aspetto normativo da considerare. Regolamenti come Basilea III costringono le banche tradizionali a liberarsi delle attività più rischiose. Se vorranno tenerci un piede dentro dovranno quindi rivolgersi a società specializzate nella gestione di questi strumenti”.
Tutti questi, peraltro, secondo l’analista sono elementi che tendono a favorire le società più grandi e consolidate. Merito, soprattutto, della varietà di prodotti che offrono e delle pratiche di trasparenza che sono riusciti a sviluppare nel corso degli anni.
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