Le strategie alternative si fanno strada nell’industria dei fondi comuni tradizionali. In Europa, Italia compresa, il fenomeno è recente e questi prodotti rappresentano ancora una piccola parte del patrimonio complessivo (3,4%). Ma il segmento è in espansione: Morningstar stima flussi netti per circa 25 miliardi di euro nei primi cinque mesi del 2014. Negli Stati Uniti, invece, lo sviluppo è cominciato prima e si calcola che circa 200 miliardi di dollari siano fluiti nelle strategie alternative dal 2009 al 2013.
In crescita tra i professionisti
Secondo un recente sondaggio tra investitori istituzionali e consulenti finanziari, condotto da Morningstar e Barron’s negli Stati Uniti, a cui hanno partecipato 673 professionisti, i fondi comuni sono sempre più scelti come veicolo per investire nel segmento alternativo. Nel dettaglio, dicono di utilizzarlo il 73% dei financial advisor per accedere a strategie long-short equity o debt (posizioni corte e lunghe sulle azioni o sul debito), contro il 57% dell’anno scorso. Tra gli istituzionali, il 48% (era il 32% nel 2013), li impiega per le cosiddette managed-future strategies (utilizzo di contratti derivati per aumentare la diversificazione tra diversi stili e ridurre il rischio di portafoglio, con modalità non realizzabili attraverso l’investimento diretto in titoli, Ndr). Circa la metà degli istituzionali li usa per ottenere posizioni long-short.
Come spiega Josh Charlson, direttore della ricerca sugli alternativi di Morningstar, il trend di crescita è destinato a continuare nel tempo, perché i fondi comuni hanno il vantaggio di dare l’accesso a queste strategie, garantendo liquidità giornaliera, una maggior trasparenza e spesso minori commissioni. Se alcune tipologie rimarranno esclusive degli hedge, in quelle più liquide i mutual fund sono destinati a guadagnare quote di mercato, soprattutto ora che gli investitori cercano rendimenti de-correlati (ossia svincolati dall’andamento delle classi di attività tradizionali) e una più efficiente gestione del rischio.
Le strategie del futuro
I professionisti, che hanno partecipato al sondaggio, hanno indicato le strategie long-short equity e multi-alternative come quelle che saranno più utilizzate nei prossimi cinque anni. Per le prime, il tasso di crescita organico (flussi di investimento in rapporto al patrimonio iniziale) è stato superiore all’80%. Un altro fenomeno interessante riguarda il reddito fisso, in quanto gli investitori ritengono le strategie alternative sulle obbligazioni un buon strumento per proteggersi da un probabile futuro aumento dei tassi di interesse, in un contesto in cui il mercato tradizionale offre scarse prospettive di rendimento.
Per quanto riguarda la selezione dei prodotti, la principale discriminante, che emerge dal sondaggio, è l’esperienza del gestore. Le istituzioni mettono l’accento anche sul processo di investimento, mentre i promotori finanziario sono più attenti ai costi. Questi ultimi rimangono un aspetto critico per tutti, essendo considerati elevati in relazione ai fondi tradizionali. Un altro tema “caldo” è il parametro di riferimento: gran parte degli investitori utilizza i benchmark tradizionali, come l’S&P500. Seguono il confronto con i concorrenti (categorie Morningstar) e l’analisi del rendimento aggiustato per il rischio. “Le risposte suggeriscono che c’è confusione sulle modalità di misurazione di questi prodotti”, spiega Charlson, “In realtà poche strategie sono paragonabili con gli indici standard. Al contrario la maggior parte degli alternativi mira ad avere una bassa correlazione con essi. Probabilmente, sono ancora i più utilizzati a significare una scarsità di opzioni alternative”.
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