Telecom Italia torna in utile, ma a preoccupare il mercato è l’uscita di scena di Telefonica. I conti del primo semestre del gruppo telefonico hanno mostrato il negativo andamento dei ricavi, scesi dell’11,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno per effetto della forte contrazione delle vendite sia sul mercato domestico che in Brasile, vero motore di crescita dell’azienda.
Il caro euro pesa sul fatturato
Uno dei principali problemi per l’azienda italiana è stato il forte deprezzamento del real nei confronti della moneta unica. Ma il calo dei clienti nei segmenti di telefonia fissa e mobile e la significativa contrazione della spesa media degli utenti testimoniano il momento opaco dell’azienda italiana. In più, Tim Brasil, ha deluso le aspettative riportando una flessione del l’1,8% dei ricavi.
La consolazione per gli azionisti di Telecom è che, nonostante questo, il gruppo ha realizzato un utile netto pari a 832 milioni di euro, in aumento rispetto alla perdita per 1,2 miliardi di euro riportata nello stesso periodo dello scorso anno. Alla luce di questi risultati i nostri analisti hanno confermato le stime per il 2014 e la valutazione del titolo a quota 0,94 euro per azione.
La mossa di Telefonica spaventa il mercato
Le azioni di Telecom Italia continuano a essere scambiate a quotazioni vicine al nostro target price pari a 0,94 euro nonostante il brusco calo del 5% registrato ieri in seguito all’annuncio dell’offerta di acquisto da parte di Telefonica sul capitale sociale di GVT (società brasiliana controllata dalla compagnia francese Vivendi). Il gruppo spagnolo ha messo sul piatto ben 6,7 miliardi di euro ostacolando in questo modo il merging tra GVT e Tim-Brasil (dato che per Telecom Italia sarà molto difficile rilanciare), lasciando intendere una progressiva riduzione della sua partecipazione nel capitale sociale di Telecom Italia.
Questa, per i nostri analisti, sarebbe una buona notizia per Tim Brasil, poiché in questo modo potrebbe ritornare ad avere una maggiore autonomia gestionale disimpegnandosi dall’influenza di un azionista che è anche uno dei suoi maggiori competitor.
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