L’Europa torna a viaggiare con il freno a mano tirato. L’indice Msci della regione nell’ultimo mese (fino al primo di agosto e calcolato in euro) ha perso il 3,6%, portando a +3,2% la performance da inizio anno. Le ragioni dietro a questo rallentamento sono di tipo tecnico e geopolitico, a cui si aggiungono alcuni eventi imprevedibili.
“Paragonandolo ad altri mercati - e in particolare a quello americano - sembra che non ci sia alcun incentivo a investire nel mercato europeo”, spiega uno studio firmato da Rupert Welchman, Senior Portfolio Manager di Ubp. “Guardando alle valutazioni a 12 mesi dei P/E forward, apparentemente sono allineate. Tuttavia, scavando un po’ più a fondo, i due mercati sono in realtà molto diversi. Negli Stati Uniti, i ricavi per azione stanno mediamente toccando nuovi massimi, ben al di sopra del picco del 2008, registrando così elevati margini. In Europa, invece, stanno ancora stazionando intorno al picco registrato nel 2008, mentre i margini rimangono enormemente sotto pressione. Senza una forte domanda interna che sostenga i ricavi, sarà difficile aumentare la redditività per le società attive nel Vecchio continente”.
I punti deboli
A livello di singoli paesi, i fanalini di coda degli ultimi 12 mesi, vale a dire Italia e Francia, hanno continuato a perdere terreno a causa della crescita nulla del Pil. “I problemi strutturali che affliggono queste nazioni sono risaputi, ma restiamo fiduciosi nella loro capacità di tornare a registrare un modesto tasso di espansione nei prossimi trimestri”, spiega una nota di Mark Burgess, Chief Investment Officer di Threadneedle Investments. “La Germania continua a evidenziare le migliori performance, e ci attendiamo che il vigore del mercato del lavoro e le condizioni monetarie favorevoli contribuiscano a portare la crescita del PIL al 2,5% nel 2014.
In ambito geopolitico gli operatori devono fare i conti con gli sviluppi della crisi fra Ucraina e Russia. La Ue ha da poco approvato un pacchetto di sanzioni contro Mosca che prevedono il blocco all'accesso ai mercati finanziari della Ue, il divieto alla vendita di armi, di tecnologie sensibili nei settori dell’energia e dei beni a duplice uso (sia civile che militare). La Ue ha deciso inoltre di bloccare i beni di quattro uomini d'affari russi vicini al presidente Vladimir Putin, accusati di beneficiare dell’annessione della Crimea o di sostenere attivamente la destabilizzazione dell'Est dell’Ucraina. Per lo stesso motivo sono state multate tre società, tra cui una banca. “Mentre le precedenti sanzioni si sono principalmente concentrate su persone o singole società, le nuove misure hanno piuttosto una dimensione economica”, spiega una nota di Asoka Woehrmann, Direttore degli investimenti di Deutsche Asset & Wealth Management. “Sia l’Ue che gli Usa hanno esteso la loro lista delle sanzioni. Questi provvedimenti, però, lasciano la porta aperta per una soluzione basata sui negoziati. La loro revisione dopo 90 giorni e la validità del divieto per soli 12 mesi lasciano la speranza di una potenziale soluzione senza imporre sanzioni sempre più severe”.
Il nodo portoghese
Gli operatori, intanto, continuano a fare i conti con la situazione del Banco Espirito Santo, l’istituto portoghese che, con i suoi problemi di bilancio, ha ricordato al mercato quando precaria sia la situazione del segmento finanziario nel Vecchio continente. Un’altra holding della galassia della banca lusitana ha chiesto l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata alle autorità lussemburghesi. “Anche se la situazione del Banco Espírito Santo è decisamente unica e nasce da una struttura societaria e proprietaria insolita, è importante vedere come si concluderà la storia”, spiega un report di Chris Iggo, responsabile degli investimenti nel reddito fisso di Axa Investment Managers. “Cioè se ci si deve fidare del fatto che l’ambiente normativo e politico adesso è sufficientemente forte da garantire che le singole banche siano adeguatamente capitalizzate, che esista un regime chiaro per tutte le attività di raccolta di capitali e che il legame fra l’insufficienza di capitali e la politica fiscale si sia decisamente spezzato. In questo caso la lezione importante è che la ripresa dell'Europa dalla recessione causata dai bilanci delle sue banche e dei suoi governi è ancora soggetta a potenziali battute d’arresto”.
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