Ai bond restano solo le Banche centrali

Il mercato obbligazionario, dicono gli operatori, sarà sempre più condizionato dalle politiche monetarie degli istituti. La lente è sulla Bce. Intanto i prezzi dei governativi dei paesi sviluppati fanno fatica. Gli emerging vanno. 

Marco Caprotti 10/09/2014 | 14:55
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In un periodo in cui le scelte di investimento scarseggiano, le obbligazioni provano a riproporsi come una valida alternativa. Ma il compito è arduo. L’indice Barclays di questo asset nell’ultimo mese (fino al 9 settembre e calcolato in euro) ha guadagnato quasi il 2%, portando a +6,5% la performance da inizio anno. Un risultato dovuto più allo stato di forma del debito emergente che di quello dei paesi sviluppati.

I Treasury, considerati da sempre un porto sicuro nelle fasi di incertezza dei mercati, sono stati fra i peggiori titoli di debito governativo degli ultimi tre mesi. Da fine giugno hanno guadagnato lo 0,4% (in termini di prezzo). Nello stesso periodo la carta dell’area euro è salita del 2,4%. Le prospettive di ripresa degli Stati Uniti, insieme alla possibilità che la Federal Reserve ricominci ad alzare i tassi di interesse, del resto, remano contro una ripresa a breve dei Tbond.

I radar su Draghi
Diversa la questione per il debito del Vecchio continente che può contare su dati macro poco convincenti, ai quale la Bce si sta adeguando con una politica monetaria sempre più accomodante. “Credo che la Bce sarà il fattore trainante per i mercati obbligazionari in Europa nel prevedibile futuro, sia per quanto concerne l’impatto sui prezzi degli strumenti finanziari (derivante dall'applicazione degli interventi annunciati a giugno e settembre), sia sull’economia reale”, spiega una nota di Chris Iggo, responsabile degli investimenti nel reddito fisso di Axa IM. “Se i dati a livello dell’economia reale resteranno deludenti, i mercati continueranno ad aspettarsi nuovi interventi da parte del presidente della Bce, Mario Draghi”.

Nella conferenza di presentazione dell’ultimo taglio dei tassi e delle altre misure di rilancio dell’economia, l’Eurotower ha dovuto ammettere che non c’è stata unanimità sull’acquisto di titoli di stato (in base al modello di Quantitative easing statunitense e britannico). “Ma se le cose non miglioreranno l’opzione (di un allentamento monetario, Ndr) diventerà realistica”, dice Iggo.

Ma occhio anche alle altre Banche centrali
Per fare le carte al mercato obbligazionario, quindi, ora più che mai è importante continuare a guardare in direzione delle Banche centrali. “Credo sia importante considerare che quando la Federal Reserve e la Banca d’Inghilterra avranno iniziato a far salire i tassi, gli obiettivi intermedi saliranno di circa 200 punti base rispetto al livello odierno. Questo in un periodo in cui la Bce manterrà i tassi vicino allo zero e potrebbe persino ampliare ulteriormente la sua situazione patrimoniale in risposta alla debolezza della crescita e alla bassa inflazione”, dice il Cio di Axa. “L’ultima volta che abbiamo registrato uno spread del 2% tra i rendimenti obbligazionari a breve termine di Stati Uniti e Regno Unito e i rendimenti obbligazionari a breve termine nell’area euro è stata quasi dieci anni fa. Probabilmente sarà l’oscillazione più consistente nei mercati obbligazionari, poiché i bond Usa e britannici a più lunga scadenza verosimilmente avranno il sostegno degli investitori europei e giapponesi che si trovano di fronte a rendimenti bassi in patria”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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