I falchi non riusciranno a scacciare tanto presto le colombe dalle Banche centrali. E gli investitori, dicono gli operatori di mercato, potranno approfittare ancora per un po’ di tempo di politiche monetarie accomodanti. L’ultima a intervenire in questa direzione è stata la Bce che ha tagliato il costo del denaro allo 0,5% e ha portato il tasso sui depositi ancora in territorio negativo a -0,2%. Più rilevante è stato l’annuncio di un piano di acquisto di titoli Abs (asset backed securities) garantiti da prestiti. Ma la vera sorpresa è stato l’inserimento di titoli Mbs (Mortgage backed securities) garantiti da ipoteca, a patto che ci siano le garanzie (probabilmente da parte della Banca europea degli investimenti). Anche la riapertura di un piano di acquisti di covered bond è giunta inaspettata.
L’obiettivo dichiarato dall’Eurotower è di incrementare la situazione patrimoniale della Bce riportandola ai livelli di fine 2012 (mille miliardi di euro). Le modalità del piano di acquisto di Abs saranno illustrate in dettaglio in occasione dell’incontro del 2 ottobre. Un elemento che i mercati ritengono importante è che le decisioni non sono state prese all’unanimità. E’ quindi probabile che qualche membro del comitato abbia chiesto di ampliare la gamma di acquisti fino a comprendere un paniere di titoli di stato.
Il mercato studia l’Eurotower
Nonostante l’entusiasmo immediatamente seguente all’annuncio, il mercato si è preso un po’ di tempo per pensare ed è tornato ad assumere un atteggiamento prudente. Secondo l’agenzia di rating Moody’s, ad esempio, le misure annunciate sono nell'insieme credit positive per l'Eurozona, ma il loro impatto immediato sull'economia sarà probabilmente limitato. L'agenzia, inoltre, rileva che “la necessità di nuove iniziative di stimolo evidenzia le persistenti sfide economiche e finanziarie dell’area” e che ci vorrà parecchio tempo prima che gli acquisti di Abs generino flussi di credito alternativi.
La possibilità di un allentamento monetario sull’esempio di quello che gli Usa stanno terminando in queste settimane con il cosiddetto tapering è tornata al centro del dibattito fra gli operatori. Soprattutto in ottica operativa. “I segnali di inflazione restano modesti e i tassi d’interesse sono stati ridotti ai minimi storici, mentre gli interventi recenti della Bce hanno accennato sempre più spesso alla possibilità concreta di un quantitative easing”, spiega uno studio di Juan Nevado e Tony Finding, co-gestori del fondo multi-asset M&G Dynamic Allocation. “Di certo resta molto lavoro da fare, ma una politica così espansiva dovrebbe dare sostegno all’azionario”.
Dal punto di vista economico finanziario si notano segnali evidenti di miglioramento dei fondamentali in varie economie dell’Eurozona. Sia la Spagna che l’Italia hanno visto una stabilizzazione degli utili, che però sono tuttora decisamente depressi nell’Europa periferica rispetto ai livelli storici di lungo periodo. Segno che resta un ampio margine di recupero. “Alcuni Paesi dell’Europa cosiddetta core presentano un quadro molto più solido in termini di utili, ma continuano a essere sottovalutati”, continuano da M&G. “Il livello attuale dei prezzi azionari in gran parte dell’Eurozona non tiene conto di questi miglioramenti, anzi riflette un’attenzione eccessiva al flusso di notizie a breve termine a scapito dei fattori fondamentali. Questi movimenti di prezzo di tipo episodico rappresentano esattamente il genere di opportunità imperdibili cui guardiamo con estremo interesse. Tuttavia, è importante ricordare che, nonostante i segnali di ripresa economica nell’Eurozona a partire da inizio 2014, il recupero è stato finora complessivamente lento e debole e permangono ancora rischi reali. Inoltre, il sell-off più recente mette in luce una fragilità persistente della fiducia degli investitori nelle prospettive europee. La cautela è d’obbligo e, nell’assumere decisioni di investimento, occorre valutare sempre i prezzi in relazione all’analisi fondamentale”.
Cosa faranno le altre
Ora l’attenzione si sposta sulle altre grandi Banche centrali. Il Governatore della Banca del Giappone si trova in una situazione per molti versi simile a quella di Draghi dopo che l’economia del Sol levante, a causa di una tassa sui consumi, si è contratta a livelli che non vedeva dall’inizio del 2011. Per quanto riguarda la Federal Reserve, la situazione è un po’ diversa. In questi giorni sui mercati si parla di un prossimo rialzo dei tassi americani. Ma nell’ultima riunione dei banchieri centrali di Jackson Hole, la Fed ha fatto chiaramente intendere che le colombe comanderanno ancora per un po’ all’interno del Fomc (Federal open market committee, il braccio operativo dell’istituto monetario) dove i falchi, al momento, siedono in due poltrone su 10.
“Quando l’occupazione è migliorata dopo quasi sei anni di politica espansiva della Fed, alcuni membri del Fomc hanno chiesto a gran voce che si procedesse a un rialzo dei tassi di interesse”, spiega un report firmato da Scott Minerd, responsabile degli investimenti globali di Guggenheim Partners. “Questo atteggiamento ha creato un sacco di titoli sui giornali, ma viene da una minoranza. L’anno prossimo, quando ci sarà un ricambio dei membri del committee, è probabile che i falchi si indeboliscano ulteriormente e che le colombe si rafforzino. Questo suggerisce, quindi, che il rischio è di un ritardo nel rialzo dei tassi di interesse e non di un anticipo”.
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