Il futuro degli industrial passa dal barile

Il settore, dicono gli operatori, è pronto per ripartire. La produzione, fra alti e bassi, migliora e l'Occidente è meno dipendente dal petrolio mediorientale. Dal punto di vista operativo, conviene guardare chi ha avuto una trimestrale sotto le attese. 

Marco Caprotti 16/09/2014 | 00:06
Facebook Twitter LinkedIn

Meglio prepararsi al ritorno dei titoli industriali. È vero, dicono gli operatori, che il settore ultimamente non ha dato il meglio di sé. Ma, aggiungono, si stanno creando le condizioni per un risveglio del comparto e gli investitori farebbero bene a posizionarsi di conseguenza. Magari guardando a quei titoli che, anche a causa di risultati trimestrali poco brillanti, sono diventati una buona opportunità d’acquisto.

Cosa dicono i numeri
La produzione industriale negli Stati Uniti è scesa in agosto dello 0,1%, mentre il tasso di utilizzo degli impianti è calato a 78,8% dal 79,3% del mese precedente. Il dato, reso noto dalla Federal Reserve, è peggiore delle attese degli analisti che si attendevano un rialzo dello 0,3%. La Fed ha peraltro rivisto al ribasso anche il dato di luglio, da +0,4% a +0,2%. “A prima vista sembra che ci sia un po’ di volatilità in questo segmento dell’economia Usa”, spiega Robert Johnson, responsabile della ricerca economica di Morningstar. “Il problema, però, è più legato a quello che è successo nei mesi precedenti”. A luglio, ad esempio, il risultato è stato guidato soprattutto dal comparto auto, un segmento che, di solito, ad agosto mostra una frenata.

Per quanto riguarda il Vecchio continente, nei giorni scorsi l’Eurostat ha comunicato che a luglio la produzione industriale nella zona euro ha registrato un incremento dell’1% su base mensile e una crescita del 2,2% su base annuale. Il dato su base mensile è stato superiore alle stime degli analisti, che si attendevano un aumento dello 0,7%.

Il quadro in Italia
Nella performance dei grandi gruppi dell’industria italiana, secondo l’Annuario R&S di Mediobanca il manifatturiero si conferma la trave portante, mentre i player dei servizi mostrano segnali di declino. Il peso delle vendite realizzate in Italia dai big del manifatturiero, però, cala. Tanto da essere superato da quello dell’Asia. Il rapporto registra per i 40 gruppi industriali quotati e presi in esame un calo del 5% del fatturato nel 2013. Sono le società pubbliche a segnare la contrazione maggiore (-7,7%), condizionate dal ristagno dell’industria energetica (-7,8%), mentre i privati limitano i danni (-1,9%) grazie al manifatturiero (+1,5%). I servizi e le attività diversificate (tlc, media, lusso) accusano un pesante calo (-9,9%). La palma per il maggiore incremento va a Recordati (+13,8% sul 2012), che supera di un soffio Campari (+13,6%). Sul podio anche Brembo (+12,7%). Nel plotone di coda Telecom (-20,6%), Iren (-19,7%) e Rcs Media Group (-17,7%). La manifattura privata ha ampliato il suo vantaggio anche in termini di margini industriali ed è l'unica a segnare un incremento dell’occupazione. I grandi gruppi pubblici hanno invece perso competitività, pur mostrando una maggiore solidità finanziaria.

La spinta del barile made in Usa
Secondo alcuni operatori ad alimentare la ripresa del comparto industriale in occidente sarà una maggiore indipendenza energetica, raggiunta grazie allo sviluppo tecnologico legato alle estrazioni di petrolio e gas in nord America. “La relativa tranquillità dei mercati in questo senso è dimostrata da quello che sta succedendo in questi mesi”, spiega uno studio di Lewis Walker, analista della società di consulenza Advice IQ. “Nonostante i disordini in Medio Oriente i prezzi dell’energia non stanno subendo gli stessi shock che hanno patito a partire dagli anni ’70 ogni volta che in quella regione c’è stata turbolenza. Questo grazie soprattutto alla produzione di petrolio nordamericana. Le nuove tecniche di estrazione hanno aumentato l’estrazione di greggio made in Usa del 47% dal 2010. Un tasso simile è stato registrato in Canada. Insomma, se c’è bisogno di più barili, si può importarli da lì senza fare affidamento sul Medio Oriente”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

LEGGI ALTRI ARTICOLI SU
Facebook Twitter LinkedIn

Titoli citati nell'articolo

Nome TitoloPrezzoCambio (%)Morningstar Rating
Brembo SpA8,63 EUR0,45
Davide Campari-Milano NV Az nom Post Frazionamento5,58 EUR-1,38Rating
Iren SpA1,92 EUR0,26
Rcs Mediagroup Az nom post raggruppamento0,84 EUR0,00
Recordati SpA Az nom Post raggruppamento50,65 EUR0,40
Telecom Italia SpA0,23 EUR-1,67Rating

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures