Il Giappone non convince gli investitori. L’indice Msci del Sol levante nell’ultimo mese (fino al 6 ottobre e calcolato in euro) è rimasto praticamente invariato (facendo segnare un asfittico +0,7% in valuta locale). Questo, nonostante gli sforzi del governo guidato da Shinzo Abe per mettere il turbo all’economia attraverso stimoli fiscali ed economici fatti di concerto con la Bank of Japan (BoJ).
Il Sol levante non va
Gli ultimi dati dicono che il Prodotto interno lordo del paese è diminuito dell’1,8% nel secondo trimestre fiscale 2014 rispetto allo stesso periodo precedente. Su base annua, il calo nel secondo trimestre è stato pari a -7,1%. Si tratta del peggior dato dopo quello seguito all'incidente nucleare di Fukushima (marzo 2011).
Sempre a settembre la crescita dell’attività manifatturiera giapponese ha mostrato una lieve frenata rispetto ad agosto. Secondo la stima flash elaborata da Markit, l’indice Pmi (Purchasing Managers Index) ha rallentato a 51,7 da 52,2 del mese precedente. La buona notizia è che l’indicatore resta comunque oltre la soglia dei 50 punti, spartiacque tra crescita e contrazione.
Insomma, l’impatto dell’Abenomics lanciata a fine 2012 per riportare l’inflazione (e quindi la crescita) nel Sol levante inizia a perdere colpi e, dicono gli operatori, richiederebbe con urgenza una dose di richiamo. “Potrebbe assumere la forma di un sostegno rafforzato da parte del presidente della BoJ Haruhiko Kuroda e, come abbiamo visto in Francia, potrebbe essere arricchito da un rimpasto di governo per riaffermare la volontà di riforme”, spiega una nota firmata da Didier Saint-Georges, Membro del Comitato investimenti di Carmignac Gestion. “Tali misure di rilancio sono indispensabili per garantire il buon esito del prossimo rialzo dell’aliquota Iva, previsto in ottobre 2015 e, con esso, la coerenza della riforma di bilancio nel suo complesso. Questo ci porterebbe a riconsiderare la nostra esposizione al Giappone, progressivamente ridotta nel corso dell’anno”.
Occhi sulla BoJ
E’ inevitabile che il faro degli operatori sia puntato sulla BoJ. La Banca centrale del Sol levante rimane campionessa indiscussa nel campo delle iniezioni di liquidità (quantitative easing, Qe). “L’autorità monetaria nipponica aggiunge al suo bilancio da 60 a 70 mila miliardi di yen all’anno – l’equivalente di circa 600-700 miliardi di dollari Usa, mentre la Federal Reserve americana sta riducendo il suo programma di Qe”, spiega una nota di Christophe Bernard, Chief strategist di Vontobel Group. “Il conseguente indebolimento dello yen contribuisce ad aumentare la profittabilità, spingendo le imprese giapponesi in testa alla classifica delle “revisioni degli utili”, cioè la percentuale di movimenti al ribasso e al rialzo delle stime sugli utili aziendali da parte degli analisti. Ci aspettiamo che l’aumento dei Roe (Return on equity, una misura della redditività aziendale, Ndr) si traduca in un incremento dei multipli di valutazione, che potrebbe inaugurare un nuovo periodo di sovraperformance del mercato azionario giapponese”.
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