Quando si investe con un orizzonte globale l’elemento valutario può segnare il punto di passaggio fra guadagno e perdita. “Dalla sua nascita, l’euro ha impattato molto sui portafogli esposti a titoli internazionali, soprattutto per chi li ha tenuti per un lungo periodo”, dice Matteo Paganini, capo analista di FXCM, spiegando come la forza della moneta unica sia stata un peso per gli investitori di Eurolandia. “Noi crediamo che in questo momento storico ci siano le condizioni per vedere un euro in discesa. Ci aspettiamo per i prossimi 12-18 mesi che possa muoversi tra l’1,20 e l’1,30 (contro il dollaro Ndr)”. Non una vera e propria caduta, dunque. “Tuttavia il livello di volatilità resterà piuttosto alto, perciò pensiamo che, a prescindere dalle duration dei portafogli, sia sempre meglio coprirsi dal rischio di cambio”.
Il rebus delle valute
Normalmente il rendimento dei titoli stranieri è dato dalla performance di mercato che, però, deve essere corretto con l’andamento della moneta estera rispetto alla divisa locale. E questo può marcare una differenza importante. Sostanzialmente, se il denarostraniero si apprezza contro la valuta locale, l’effetto sarà positivo, in quanto gli attivi denominati in altra currency acquisteranno valore solo per la spinta del mercato forex. Al contrario, se la moneta locale (per noi l’euro) dovesse rafforzarsi, questo avrebbe un effetto negativo sugli asset esteri. Chi volesse stare tranquillo dovrebbe coprirsi dal rischio di cambio con uno strumento che dia questa opzione.
Scegliere di non proteggersi, infatti, potrebbe essere pericoloso. Un esempio recente arriva dal Sol levante: nel 2013 lo yen giapponese ha subito una forte svalutazione, di conseguenza l’Msci Japan in yen ha segnato una performance annuale del 54%, mentre lo stesso indice in dollari è salito solo del 24%.
Un euro troppo forte
E per noi europei? “Quando è nato l’euro, si credeva che la volatilità nei tassi di cambio per gli investitori del Vecchio continente scendesse sensibilmente, invece è successo il contrario”, spiega Matteo Paganini. “La moneta unica ha toccato quota 1,60 contro il dollaro arrivando da 0,80. E anche negli ultimissimi anni la volatilià è stata molto elevata. D’altronde, le politiche del precedente presidente Bce, Jean-Claude Trichet, hanno spinto molto in questo senso”. Il banchiere francese arrivò a portare il tasso d’interesse fino a quota 4,25% nel luglio 2008 per combattere una forte inflazione, che però era dovuta soprattutto all’altissimo costo dell’energia importata. Questo attirò enormi flussi sulla moneta unica e sui titoli denominati in euro.
Cambio euro – dollaro a 10 anni (da settembre 2004 a settembre 2014)
Fonte: Morningstar Direct
La copertura ha un costo (e un effetto)
Come dimostra il grafico sottostante non si deve fare l’errore di credere che il rendimento coperto dal rischio di cambio coincida perfettamente col rendimento in valuta locale. Innanzitutto, perché c’è sempre una commissione da pagare. Inoltre, i gestori di fondi (o gli emittenti di Etf) per creare uno strumento hedged, spesso utilizzano contratti derivati, i quali sono soggetti, tra l’altro, all’effetto rolling. Cos’è l’effetto rolling? I contratti future devono periodicamente essere sostituiti alla scadenza; il “rendimento roll” è determinato dalla differenza tra il valore del contratto in essere e quello dei periodi successivi. Questo yield può essere positivo o negativo.
Rendimento a 10 anni indice Msci World coperto dal rischio di cambio, non coperto e in valuta locale
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