Chi guadagna con il barile che scende

Il calo dei prezzi del petrolio, spiegano gli analisti, si sta trasfromando in un'opportunità per gli investitori di mettere in tasca un po' di rendimento. Basta scegliere i settori e i paesi giusti. 

Marco Caprotti 26/11/2014 | 14:47
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La Russia suda freddo, l’Opec non sa che fare e le compagnie energetiche si preparano a bilanci amari. Ma il calo dei prezzi del petrolio, spiegano gli operatori, per gli investitori può essere un’opportunità per portare a casa un po’ di guadagno.

La situazione difficile dell’oro nero (che da luglio ha perso circa il 30% con il Wti trattato a circa 75 dollari al barile e il brent a 78) è stata certificata da uno studio della International Energy Agency, secondo cui il petrolio ha davanti a sé ulteriori cali a causa delle pressioni ribassiste che continueranno ad aumentare fino alla metà del prossimo anno. “Sta diventando sempre più chiaro che siamo entrati in un nuovo capitolo nella storia dei mercati del petrolio”, spiega il report.  Il quadro è noto alla Russia che, nel 2015, secondo Commerzbank potrebbe tagliare la produzione di almeno 300mila barili al giorno con l’obiettivo di spingere l’Opec a seguirne l’esempio. Il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin, intanto, ha annunciato che la regione si sta preparando a ogni possibile scenario circa l’andamento del mercato del petrolio, incluso quello che potrebbe vedere un crollo “catastrofico” dei prezzi del greggio.

Ora il focus è sull’incontro dell'Organizzazione dei paesi produttori in calendario per giovedì 27 a Vienna. Secondo voci raccolte dalla stampa, è probabile che l’Iran chieda all’Opec di tagliare l’obiettivo di produzione di un milione di barili al giorno. Tuttavia alcuni paesi membri, inclusa l’Arabia Saudita, hanno già indicato che preferiscono accordarsi su prezzi più bassi piuttosto che ridurre l’estrazione.

Chi festeggia?
Alla base della discesa dei prezzi dell’oro nero ci sono sostanzialmente tre elementi: il rafforzamento del dollaro (che ha reso più costose un po’ tutte le commodity la cui valuta di riferimento è il biglietto verde), le tensioni geopolitiche che interessano alcune regioni di produzione e il nuovo boom energetico americano grazie al petrolio di scisto.

In questa situazione c’è già chi si frega le mani. “Se è vero che la situazione dei prezzi del petrolio sta facendo preoccupare molti stati e aziende che dipendono dal barile, è altrettanto vero che c’è chi ne sta approfittando”, spiega Cara Esser, analista di Morningstar. “Le linee aeree, ad esempio, quest’anno stanno andando particolarmente bene proprio grazie ai costi più contenuti del carburante”.

Anche a livello geografico c’è chi festeggia. Ad esempio l’Asia. Una larga fetta della popolazione della regione, infatti, usa gran parte del proprio salario per spese energetiche (nel caso dell’India si arriva al 30%). Per non parlare della Cina. Secondo uno studio di US Global Investors, per ogni dollaro di discesa del prezzo del petrolio, il secondo importatore mondiale di oro nero (dietro all’intero Vecchio continente) risparmia circa due miliardi di dollari all’anno.

La rivincita Usa
Ma quali sono i settori che beneficiano maggiormente di questa situazione? Per rispondere a questa domanda la società di consulenza Stretgic International Securities Research ha messo a confronto la correlazione fra prezzo del petrolio e costi di 72 segmenti produttivi a livello globale con l’andamento dei prezzi energetici dal 2000 al 2014. I segmenti che hanno dimostrato di avere una relazione inversa all’andamento del barile sono, oltre a quello aereo, quello della produzione auto e quello della lavorazione dell’alluminio. Un altro elemento che emerge dal report è che, grazie alla discesa dei prezzi del petrolio e al boom energetico americano, la manifattura Usa sta recuperando terreno rispetto a quella cinese. In pratica, sta diventando più conveniente produrre negli Stati Uniti che nel Regno di mezzo.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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