Le vendite di Carlsberg restano deboli, ma il mercato sconta il titolo del gruppo danese in maniera eccessiva. Il prezzo delle sue azioni viaggia su valori di oltre il 20% più bassi rispetto al nostro fair value di 600 corone danesi e, per i nostri analisti, può essere il momento giusto per prendere posizione.
I dati del terzo trimestre hanno riportato una crescita dei ricavi del 4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ma un brusco calo rispetto al secondo periodo a causa della deludente performance nei mercati dell’Europa dell’Est (-9%), dove continuano a pesare la forte svalutazione del rublo e della hyvna ucraina e il trend negativo della domanda di birra in Russia.
Miglioramento in vista
Questi risultati sono da attribuire, in parte, a dinamiche macro di breve termine, ma i nostri analisti sono comunque convinti che Carlsberg continuerà a pagare, nei confronti dei suoi competitor, la mancanza di elevate economie di scala. Il gruppo danese, infatti, pur avendo un portafoglio di brand conosciuti come Carlsberg, Tuborg, Baltika e Holsten e una forte presenza sui mercati asiatici, ha volumi di produzione di gran lunga inferiori rispetto ai top player del settore, e questo si traduce in margini di profitto molto più bassi (16% rispetto al 40% di AmBev).
Dopo il -3,2% riportato nel 2013, i nostri analisti si aspettano per fine esercizio un modesto rimbalzo delle vendite a + 2,2% e un miglioramento del margine operativo di circa 170 punti base. Le previsioni di medio termine (prossimi cinque anni), invece, indicano un tasso di crescita medio del fatturato 3,5% grazie al miglioramento della congiuntura in Russia e del trend positivo in Asia, dove le vendite saliranno a un ritmo dell’8%. L’Ebit del gruppo continuerà a salire anche nei prossimi anni, grazie anche all’aumento dei prezzi medi di vendita, portandosi nel 2018 attorno al 17%.
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