Il 2014 delle Blue chip di Piazza Affari è stato all’insegnata dei bancari. Tra i maggiori rialzi sul listino Ftse/Mib troviamo i titoli di alcuni tra i più importanti istituti italiani, mentre è stato un anno decisamente negativo per il comparto del lusso, che ha frenato dopo un rally che durava ormai da due anni.
Nonostante gli istituti di credito italiani abbiano subito l’influenza di molteplici fattori di instabilità (dagli stress test della Banca centrale europea, alla politica monetaria della stessa Bce, fino ai timori per l’instabilità dell’Unione europea) hanno beneficiato del taglio del costo del denaro ai minimi storici nei paesi dell’area euro e del miglioramento dei loro bilanci. La classifica delle performance del Ftse/Mib nel 2014 vede Intesa Sanpaolo (ISP) in seconda e Bpm in terza posizione, (in cima alla classifica c’è Finmeccanica) con un guadagno rispettivamente pari a +37,24% e a +35,14%, mentre Ubi Banca ha guadagnato il 21,72%.
Intesa Sanpalo in testa ai bancari
L’ultima trimestrale di ISP ha evidenziato un significativo miglioramento rispetto allo scorso anno, sia sotto il profilo reddituale, grazie ad utili in crescita dell’88%, che su quello finanziario, con un aumento della liquidità nelle casse del gruppo e un calo del grado di indebitamento e delle sofferenze sui prestiti. Intesa Sanpaolo ha agilmente superato gli stress test della Bce, mostrando un indice Core Tier 1 del 13%. I nostri analisti ipotizzano che l’attenzione dimostrata dal management nel contenimento dei costi produrrà un progressivo miglioramento della profittabilità e stimano un fair value pari a 2 euro.
Anche nel caso di Bpm sono state le trimestrali a sostenere i rialzi. La pubblicazione degli ultimi risultati intermedi ha evidenziato un miglioramento su tutti i fronti. La raccolta diretta (conti correnti) e quella indiretta (risparmio gestito) sono aumentate rispetto all’anno precedente. Questo ha prodotto un miglioramento dei margini di interesse e commissionale, che a loro volta hanno permesso all’istituto meneghino di chiudere i primi nove mesi dell’esercizio con un utile netto in crescita del 63% rispetto al 2013. Bpm ha superato senza particolari problemi gli stress test della Banca centrale europea grazie a indici patrimoniali in progresso.
Il Tier 1, che indica la solvibilità degli istituti di credito misurando la quantità di capitale che consente di assorbire le perdite senza dover intaccare gli interessi dei depositanti, è salito dal 7,8% del marzo scorso all’11,8% del secondo trimestre. Anche la liquidità in bilancio è salita. Le stime del nostro modello confermano per Bpm una situazione finanziaria solida e indicano un fair value pari a 0,56 euro*, in linea con le attuali quotazioni di mercato.
Il nuovo volto di Finmeccanica
La miglior performance sul Ftse Mib è però quella di Finmeccanica. Il general contractor italiano ha guadagnato nel 2014 il 40,51% per effetto degli incoraggianti dati di bilancio e delle aspettative circa la realizzazione del nuovo piano industriale. Nei primi nove mesi dello scorso anno Finmeccanica ha registrato un incoraggiante progresso negli ordini (+15,3%), grazie al buon risultato realizzato dal segmento elicotteri (che rappresenta circa un terzo del giro d’affari complessivo dell’azienda) e il management ha inoltre alzato i target per il 2014 stimando ricavi compresi tra i 13,5 e i 14 miliardi di euro (in aumento rispetto alla precedente forbice 13-13,5 miliardi) e un Ebitda tra i 980 milioni e 1,03 miliardi. In futuro Finmeccanica avrà un modello di business più snello. Il nuovo Ad Mauro Moretti ha annunciato la razionalizzazione del portafoglio attività del gruppo, dal quale dovrebbero essere dismesse quelle legate al ramo trasporti. Il mercato ha premiato l’intenzione dell’azienda italiana di semplificare la sua struttura e l’interesse mostrato da società estere per l’acquisizione di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, ma ora il titolo viaggia su quotazioni in linea con il nostro fair value di 7,80 euro*.
Lusso nella polvere
Il 2014 verrà ricordato a Piazza Affari anche per essere stato un anno amaro per il lusso. Tra i titoli peggiori del Ftse Mib, infatti, troviamo Yoox (-43,22%), Tod’s (-40,28%), Ferragamo (-27,38%)e la debuttante Moncler (-29,56%). Il comparto ha pagato alcuni fattori macro sfavorevoli, come il caro-euro, che ha aumentato il costo delle materie prime e ha svalutato le vendite realizzate all’estero, il debole andamento dei consumi nei paesi del Vecchio continente e il calo delle vendite in Cina, dove il Governo ha inasprito le norme per fronteggiare il fenomeno della corruzione. Tutto questo ha prodotto un forte rallentamento della crescita del fatturato (che fino a qualche trimestre fa raggiungeva percentuali in doppia cifra) e una contrazione dei margini di profitto, deludendo così le aspettative degli analisti. Il tonfo delle grandi firme di Borsa Italiana, però, è anche frutto del forte rally registrato nei due anni precedenti. Yoox, ad esempio ha guadagnato il 173% nel 2013 e il 42% nel 2012, mentre negli stessi anni Salvatore Ferragamo ha registrato rispettivamente +66% e +65% e Tod’s +29% e +55%. Il mercato scambiava questi titoli a multipli molto elevati, prevedendo che l’espansione degli utili continuasse anche negli anni successivi, e questo ha reso la caduta ancora più dolorosa.
A registrare le perdite maggiori sono stati però Banca Mps e Saipem. L’istituto di credito senese ha ceduto il 56,54% sulla scia dei due aumenti di capitale approvati durante l’anno per un ammontare complessivo di 7,5 milioni euro, 2,5 dei quali approvati lo scorso novembre per colmare il deficit patrimoniale emerso in seguito agli ultimi stress test della Banca centrale europea.
Mps maglia nera
Nonostante i primi nove mesi del 2014 abbiano dato segnali incoraggianti sotto il profilo reddituale, con la crescita del margine di interesse e il calo dei costi operativi, che su quello della raccolta indiretta (attraverso il risparmio gestito), la forte diluizione del valore degli azionisti ha prodotto un forte sell off sul titolo. In base alle nostre valutazioni, comunque, Mps resta scambiata a un significativo tasso di sconto rispetto al nostro fair value che è di 0,82 euro*.
L’anno nero degli energetici ha coinvolto anche Saipem, che negli ultimi 12 mesi ha perso il 43,67% della sua capitalizzazione di Borsa. Il gruppo italiano, però, oltre al significativo calo del greggio ha pagato anche il taglio degli obiettivi per il 2014 (con utili e fatturato rivisti al ribasso) e la fine del progetto South Stream, il gasdotto che avrebbe dovuto porta in Europa il metano della russa Gazprom, il cui impatto sui conti dell’azienda è quantificabile in un calo del reddito operativo di circa 270 milioni di euro. Sebbene Saipem sia riuscita a riguadagnare terreno sul fronte degli ordinativi dopo la forte riduzione registrata nel 2013, i nostri analisti prevedono che il ritorno ai livelli di profittabilità registrati fino ad allora non sarà possibile prima del 2020. Il mercato, a nostro avviso, resta molto scettico sul futuro di Saipem e sconta il titolo di oltre il 25% rispetto al nostro fair value che è pari a 12 euro.
*= la valutazione si basa sulla metodologia Morningstar sul rating quantitativo, che deriva l’obiettivo di prezzo, i giudizi sul posizionamento settoriale dell’azienda e sulla volatilità dei risultati della stessa dall’utilizzo di un modello statistico.
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