I mercati di frontiera non si fanno spaventare dalle incertezze che hanno attraversato altre aree del mondo. L’indice Msci di questo asset di investimento nel 2014 ha guadagnato il 21,6% (in euro). Ma, dicono gli operatori, pur rappresentando una destinazione interessante per gli investitori nel lungo termine, nel breve richiedono una certa cautela. Per gli operatori istituzionali e privati, comunque, i frontier market sembrano diventati una valida alternativa per ottenere dei portafogli ben diversificati. Delle 30 economie a più alto tasso di crescita a livello mondiale (misurate attraverso l’andamento del Pil reale), 23 appartengono a Paesi di frontiera.
La frontiera africana
Le opportunità di investimento sembrano essere sparse soprattutto in Africa, un continente che può contare su 1 miliardo di abitanti (il 15% della popolazione globale), su una crescita del Pil del 5,5% almeno fino al 2017, sull’essere sesto tra i 10 paesi a più veloce tasso di crescita del mondo e tra i 27 stati dove le famiglie hanno un reddito medio-alto. Ma può contare anche su 128 milioni di persone che sono diventate acquirenti abituali di beni di consumo.
Spesso, quando la gente parla dei mercati di frontiera – e dell’Africa in particolare - come opportunità di investimento, si riferisce alle materie prime senza considerare che si tratta anche di zone ricche di consumatori e di aziende che producono per i mercati locali. Nella maggior parte dei casi sono società ben gestite, con standard di corporate governance sempre più in linea con i migliori mercati emergenti e aperte all’arrivo di capitali stranieri per ingrandirsi.
Anche l’idea delle difficoltà politiche che renderebbero complesso fare business in quelle aree sta cambiando con il tempo. Secondo i dati elaborati dalla Banca Mondiale, Paesi come Egitto, Kenya e Nigeria hanno standard sostanzialmente in linea con quelli dei Bric. Nel 2010, inoltre, il governatore della Nigerian Central Bank è stato votato come miglior banchiere centrale del mondo.
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