Se l’Italia di Borsa, tutto sommato non può lamentarsi, quella macro ha molto di cui dolersi. Non a caso Piazza Affari ha preferito viaggiare sganciata dall’economia tricolore. L’indice Msci del Belpaese nel 2014 ha guadagnato poco più del 3%. I numeri macro, intanto, nel corso dell’anno hanno fotografato una situazione interna preoccupante.
Qualche tentativo di andare a braccetto c’è stato. A marzo, dopo mesi passati a marciare su due strade diverse, Piazza Affari e la congiuntura italiana sembravano intenzionate a percorrere la stessa strada. Secondo i dati elaborati dall’Istat, la produzione industriale ha messo a segno, a gennaio, una crescita congiunturale dell’1%, l’aumento più consistente da agosto 2011. Il miglioramento della situazione congiunturale, secondo gli operatori, trovava un riflesso anche nel sistema bancario. Secondo l’agenzia di rating Fitch, la pulizia dei conti effettuata dalle banche italiane nei bilanci 2013 “ha migliorato la salute del sistema creditizio in un momento in cui il contesto operativo si sta stabilizzando, ma resta da vedere se saranno necessari altri sforzi”.
Situazione fragile
Tutto bene quindi? No. “Nonostante i primi segnali di miglioramento della domanda interna, il quadro economico resta fragile”, spiegava ad aprile il Bollettino della Banca d’Italia. “Per il progressivo riassorbimento della disoccupazione - specie della componente giovanile, più colpita dalla crisi - è necessaria una crescita duratura e un’accresciuta capacità di innovazione delle aziende. Occorre che le politiche economiche sostengano la fiducia di imprese e famiglie, proseguano nella realizzazione delle riforme e assicurino la riduzione del peso del debito sul Pil, la cui velocità non dipende solo dalla gestione prudente delle finanze pubbliche, ma anche dall’espansione dell’attività economica”.
A cavallo dell’estate dal punto di vista macro la situazione è diventata sempre più preoccupante. Secondo l’Istat, a luglio l’indice destagionalizzato della produzione industriale ha registrato una flessione dell’1% in confronto a giugno. Mentre la congiuntura italiana mandava segnali contrastanti, gli operatori di Borsa preferivano trattare l’equity tricolore con le pinze. Ai primi di dicembre è arrivato lo schiaffo, quando l’agenzia statunitense di rating Standard&Poor’s ha portato il rating dell’Italia quasi al livello "spazzatura": BBB- da BBB. Solo un gradino più in alto di junk. L'outlook sulle prospettive economiche è rimasto invece “stabile”.
Gli ultimi dati aggiungono altri elementi di preoccupazione al quadro della situazione italiana. Secondo l’Istat, il tasso di disoccupazione è salito al 13,4% a novembre, in aumento di 0,2 punti percentuali su mese e di 0,9 punti su anno. Si tratta del peggior risultato da gennaio 2004 tra le serie mensili e dal primo trimestre 1977 tra le serie trimestrali. I disoccupati erano 3,457 milioni a novembre. Il tasso di disoccupazione giovanile, invece, è cresciuto al 43,9%, il peggior dato di sempre.
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