L’andamento del petrolio e i suoi effetti sulle quotazioni dei titoli energy sono stati gli elementi che hanno interessato di più i lettori delle pagine azionarie di Morningstar.it.
Non è un caso che quattro delle 10 schede titoli più consultate nel mese di gennaio siano state quelle di azioni legate, in un modo o nell’altro, all’andamento del barile (Eni, Enel, Saipem e Tenaris) che, il mese scorso, è arrivato a toccare i minimi a 45 dollari. Il mercato continua a rimanere focalizzato sull’attuale eccesso di offerta che è destinato a durare anche nei prossimi mesi, vista la volontà dei principali paesi Opec di non procedere a un taglio della produzione. Il comparto è stato inoltre penalizzato dal report del dipartimento americano dell’energia che ha evidenziato un nuovo aumento delle scorte Usa, arrivate ai massimi storici. Nel caso particolare di Saipem, inoltre, l’interesse è stato alimentato anche dall’ipotesi che la società possa entrare a far parte della realizzazione del progetto Turkish Stream, il gasdotto che andrà a sostituire il South Stream, progetto annullato lo scorso 1 dicembre per volontà della russa Gazprom.
Il mercato si accorge di Fca
Nella parte alta della classifica si posiziona Fca (già Fiat). I risultati riportati dal gruppo auto, che ha chiuso l’anno con un utile per azione di 0,73 euro, hanno superato le stime dei nostri analisti e il consenso del mercato trascinando il titolo a ridosso del fair value di Morningstar (12 euro). La raccomandazione dei nostri analisti, ora, è quella di mantenere un atteggiamento prudente, anche se vi sono diversi fattori che potrebbero far tornare molto presto il titolo della casa automobilistica su prezzi convenienti.
Il settore dell’auto è molto legato al ciclo economico ed è competitivo. Condizioni che alimentano l’incertezza sulle performance future dell’azienda. A questo si aggiunge la potenziale volatilità che potrebbe gravare sul titolo in seguito alla futura quotazione in Borsa di Ferrari e al gradimento del pubblico dei nuovi modelli.
Apple non si ferma
I riflettori si sono accesi anche su Apple (a metà classifica fra i più consultati). Il gruppo di Cupertino ha archiviato un nuovo trimestre record. L’ultimo bilancio ha battuto ogni attesa con conti trainati dagli iPhone 6 e 6 Plus, venduti al ritmo di 34mila l'ora. L’azienda ha riportato utili in rialzo del 38% a 18 miliardi di dollari (pari a 3,06 dollari per azione) e un fatturato cresciuto del 30% a 74,6 miliardi. Gli iPhone venduti sono stati in totale 74,5 milioni, per il 65% all'estero, un aumento del 46% sull'anno scorso, quasi dieci milioni oltre il previsto e un numero nettamente superiore ai 51 milioni del precedente record.
“A questo punto non possiamo che essere ancora più ottimisti sulla crescita delle vendite dell’iPhone, anche perché la Cina sta diventano una parte sempre più importante di questa storia”, spiega Brian Colello, analista di Morningstar. “Riteniamo che Apple sarà in grado di sviluppare il sistema operativo iOS in maniera tale da creare alti costi di switch (quelli che si incontrano quando si passa da un fornitore a un altro, Ndr) che le permetteranno di mantenere stabile la clientela nel tempo. Probabilmente alzeremo il nostro prezzo obiettivo, portandolo da 100 dollari a 120. Resta il nodo del calo delle vendite dei tablet iPad, diminuite del 18%. In questo segmento ci sono sostanzialmente due problemi. Il primo riguarda i tempi di lancio di nuovi modelli che sono troppo lunghi. Il secondo è legato ai nuovi smartphone che, grazie a uno schermo più grande, stanno cannibalizzando il mercato degli iPad. Da una parte non è un grosso problema, visto che i tablet ormai rappresentano solo il 12% dei guadagni di Apple. Il rischio però è che i bilanci dell’azienda diventino eccessivamente dipendenti dai telefonini.
L’Eurotower e i finanziari
La possibilità prima e il lancio poi di un Qe da parte della Bce hanno tenuto desta l’attenzione dei lettori sui titoli finanziari, anche loro fra i più presenti in classifica (Mps, IntesaSanpaolo, Generali e Unicredit). A partire da marzo l’Eurotower fornirà al sistema economico e finanziario di Eurolandia 1.100 miliardi di stimolo sotto forma di acquisto di obbligazioni in 18 mesi. Gli acquisti avverranno al ritmo di 60 miliardi di euro al mese, analogamente (in termini di dimensione economica) alle iniezioni appena concluse dalla Federal Reserve (100 miliardi di dollari mensili). La Bce si assumerà soltanto il 20% del rischio di default associato con l'acquisto dei bond, con il restante 80% delle potenziali perdite che ricadranno sulle Banche centrali dei paesi emittenti.
Nel caso di Mps, gli investitori hanno dovuto fare anche i conti anche con le notizie sulle necessità di ricapitalizzazione dell’istituto emerse dagli ultimi stress test.
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