“Vorrei qualcosa che mi permetta di guadagnare senza rischiare troppo”. I consulenti finanziari si sentono spesso rivolgere questa richiesta dai clienti. Essa rivela come una delle maggiori sfide per gli uni e gli altri sia affrontare i pericoli degli investimenti. Crisi finanziarie come quella del 2008 o del 2011 fanno emergere una triste verità: spesso nei portafogli ci sono più rischi di quelli che uno è in grado di sopportare.
L’emotività ha un ruolo importante nello spiegare i comportamenti dei risparmiatori, soprattutto in Italia, dove l’86% dichiara di reagire con panico o euforia ai movimenti dei mercati (dati del 2014 Global survey of financial advisors di Natixis global asset management, che ha coinvolto 1.800 promotori e consulenti finanziari tra Europa, Asia, America e Medio oriente, dei quali 150 in Italia).
Alcune testimonianze raccolte da Morningstar negli Stati Uniti mostrano che gli investitori possono impiegare anni a familiarizzare con i rischi di mercato e imparare a gestirli, anche se shock finanziari come quelli degli ultimi decenni possono accelerare tale processo. In alcuni casi, la tolleranza aumenta con l’età per effetto di una maggiore comprensione dei pericoli, che di conseguenza fanno meno paura. In altri, i traumi passati fanno ricercare soluzioni più prudenti per gli anni a venire.
Ricerca di protezione
In Italia, la ricerca di protezione di capitale è testimoniata da molti studi di mercato. L’ultimo Osservatorio Anima-Gfk sui risparmi delle famiglie (novembre 2014) indica che il 45% degli intervistati presta attenzione alla protezione del capitale nella ricerca di prodotti di investimento, il 36% alla presenza del capitale garantito e solo l’11% va a caccia di rendimenti elevati.
Altre indagini mostrano che i clienti chiedono ai promotori finanziari di aiutarli a comprendere il proprio profilo di rischio e a collocarlo nella giusta prospettiva temporale. Secondo un sondaggio promosso da Natixis global asset management su 5.950 investitori individuali in tutto il mondo, compresa l’Italia, tre quarti dichiarano di non avere una buona consapevolezza dei pericoli nel loro portafoglio. Per questa ragione, il tema deve essere messo al centro del dialogo tra consulenti e risparmiatori.
La giusta prospettiva
Christine Benz, direttore della finanza personale di Morningstar, suggerisce tre fattori che possono aiutare a “sintonizzare” il portafoglio sul giusto grado di rischio dell’investitore, partendo da una recente ricerca (No portfolio is an Island) dei colleghi David Blanchett e Philip Straehl. Essi non riguardano tanto l’asset allocation in sé, anche se a questo livello è importante verificare che non ci siano pericoli “gratuiti”, ossia non finalizzati a uno scopo, quanto l’intera situazione patrimoniale dell’individuo.
In particolare, Benz sostiene che è importante chiedere al cliente quale sia la sua attività, perché un lavoratore precario dovrebbe mantenere un portafoglio più conservativo, in ragione del fatto che non ha un flusso di reddito stabile, rispetto a un dipendente con una solida carriera davanti a sé. Anche il settore industriale ha il suo peso. Ad esempio, una persona che lavora nel minerario può ridurre il rischio di portafoglio mantenendo una bassa esposizione alle materie prime ed evitando così di concentrare i suoi redditi (da lavoro e finanziari) su un’unica industria.
Un secondo fattore è la presenza o meno di una pensione pubblica e la sua entità. Essa infatti può essere assimilata a un titolo di stato, perché ha un buon livello di sicurezza, per cui il resto del portafoglio può sottopesare i governativi a vantaggio di altre asset class.
Infine, il terzo fattore è la proprietà immobiliare. Essa acquista particolare importanza con l’avanzare dell’età, in quanto il capitale umano e gli asset finanziari si assottigliano. La casa, inoltre, può acquistare valore negli anni.
L’identikit del cliente
Per un corretto approccio al rischio, assume centralità la profilatura del cliente, che oggi avviene tramite questionari sempre più strutturati, grazie ai quali è possibile definire con maggior precisione il profilo di rischio dell’investitore e concentrare l’attenzione sulle informazioni-chiave, evitando alterazioni della percezione del pericolo dettate dalla emotività.
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