I dati del quarto trimestre hanno spinto le quotazioni di BOK Financial (BOKF) a ridosso del nostro fair value, ma un nuovo calo delle quotazioni del petrolio potrebbe far tornare il titolo della banca americana su prezzi convenienti.
L’istituto di credito vanta consistenti crediti nei confronti delle società energetiche e, nel caso in cui si realizzi lo scenario peggiore ipotizzato dai nostri analisti, ovvero che il deprezzamento del greggio provochi una perdita del 25% della sua esposizione al settore, l’impatto sul bilancio aziendale sarebbe pari al 33% del valore del patrimonio netto. Il titolo BOKF è quindi molto sensibile all’andamento delle quotazioni dell’oro nero ed è per questo che il deprezzamento di quest’ultimo creerebbe l’opportunità per esporsi su una società che gode di buoni fondamentali e di un solido modello di business.
I risultati dell’ultima trimestrale hanno mostrato come i prestiti abbiano registrato una crescita sequenziale (rispetto ai tre mesi precedenti) del 3,8% (11% su base annua). Positivo anche l’andamento delle entrate dei segmenti carte di pagamento e asset management, mentre gli oneri diversi dagli interessi negativi sono saliti meno dell’1%, a testimonianza della buona gestione delle spese operative. L’utile netto è comunque calato del 7% rispetto allo scorso anno a causa di costi straordinari legati alla chiusura di alcune filiali e alle minusvalenze su attività in portafoglio.
Le previsioni degli analisti
I nostri analisti, che stimano un fair value pari a 64 dollari per azione, ipotizzano che la banca americana possa crescere nei prossimi anni a un ritmo del 4,6%, per effetto della progressiva espansione dei prestiti e del buon andamento dei ricavi commissionali (pari al 40% circa del fatturato complessivo), e che il margine operativo salga di circa 200 punti base portandosi attorno al 39%.
A nostro avviso BOK Financial gode di una posizione di vantaggio all’interno del settore per effetto della stretta relazione che riesce a stringere con la propria clientela. BOKF è molto concentrata sul segmento delle imprese e ricava oltre il 70% negli stati del Texas e dell’Oklahoma. Questo le permette di godere di un flusso di entrate costanti e di non dipendere in maniera eccessiva dalle fluttuazioni dei tassi di interesse. Il 20% dei suoi prestiti, però, è a favore delle società del settore energy, e questa sovraesposizione, in un momento in cui il prezzo del greggio è molto basso, rappresenta il principale fattore di rischio per il gruppo americano.
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