La gara fra Europa e Stati Uniti per chi ha le azioni più interessanti da acquistare si sposta sul terreno dei bilanci. Una sfida che si gioca sulle differenze fra entrate e utili e nella quale hanno un ruolo fondamentale le condizioni macro con cui hanno a che fare le due regioni (e le loro aziende).
La situazione in Europa
“L'aumento dei prezzi dei titoli negli ultimi due anni è stato guidato da un rally legato al sollievo per il calo dei timori sul crollo dell'Eurozona”, spiega uno studio firmato da James Sym, Fund Manager European Equities di Schroders. “Tuttavia, gli utili societari in Europa continuano a rimanere a livelli molto bassi. Mentre negli Stati Uniti sono circa del 13% superiori al precedente picco, nell'Eurozona languono attorno al 32% al di sotto di tale apice. Molti operatori si aspettavano che i profitti nell'Eurozona avrebbero recuperato nel 2014, ma tale ripresa non si è materializzata, con l'economia dell'area della moneta unica che sembrava scivolare nella fase di rallentamento del ciclo. A nostro avviso, ci sono le condizioni affinché gli utili dell'Eurozona sorpassino quelli Usa nel 2015 e guidino la prossima fase di aumento dei prezzi delle azioni”.
Fra gli elementi che dovrebbero spingere i bilanci delle aziende europee, il gestore cita il crollo del prezzo del greggio (che potrebbe lasciare in cassa alle famiglie europee 1.000 euro in più), l’euro debole rispetto al dollaro (che aiuterà le esportazioni) e il calo dei costi di finanziamento delle imprese. “Inoltre, gli utili delle banche, che sono stati particolarmente sotto pressione, sembrano pronti per un miglioramento”, continua il report. “Un indice che seguiamo attentamente è il dato della Bce sui prestiti bancari, che ha mostrato un allentamento delle condizioni del credito, dopo la doppia stretta della crisi finanziaria globale (2008-10) e di quella europea (2012-13). Monitoriamo molto attentamente la domanda di credito delle società, poiché sono gli investimenti a poter assicurare che una qualsiasi ripresa economica diventi auto-sufficiente”.
Dal punto di vista operativo il money manager ritiene che i titoli ciclici con valutazioni economiche siano quelli con le migliori chance di sovraperformare i mercati. “I segmenti che vediamo con maggior favore sono quello dei beni di consumo ciclici (ad esempio auto o media) e i beni industriali ciclici (come le costruzioni)”, scrive. “Dopo la recente sotto-performance e data una probabile ripresa nell'economia e di dividendi allettanti, ora privilegiamo le banche di alta qualità A nostro avviso, questo tipo di titoli è quello con il maggior potenziale di recupero degli utili”.
Lo scenario Usa
Gli Stati Uniti, da parte loro, nonostante arrivino da un periodo macro migliore e da continui record di Wall Street, sembrano avere ancora spazio di crescita. Prima di tutto perché gli utili, a conti fatti, non sono stati in linea con le attese. Secondo uno studio di Thomson Reuters, le aziende quotate sull’S&P500 hanno avuto una crescita del fatturato del 3,5% con un aumento degli utili, però, solo dello 0,9%. La ragione principale è che il calo del prezzo del petrolio ha pesato sui guadagni delle società energy.
La situazione macro, inoltre, può dare una mano. Il Pil Usa, nel quarto trimestre dell’anno scorso ha segnato +2,2%. Per l’intero 2014, secondo i calcoli del Conference Board dovrebbe essere stato +2,4% e nel 2015 dovrebbe salire del 2,9% (le previsioni di Morningstar per quest’anno sono un po’ più prudenti: 2,5%). Ma la congiuntura americana ha mostrato di saper fare inattesi balzi avanti. Come nel terzo trimestre dell’anno scorso, quando ha sorpreso tutti con un +5%.
“Le grandi forze economiche, come il Pil, determinano il modo in cui le aziende utilizzano i loro capitali e, alla fine, la voce di bilancio relativa agli utili”, spiega uno studio firmato da Joseph Clark, analista della società di consulenza AdviceIq. Ci sono sostanzialmente tre sistemi in cui una società può utilizzare i guadagni: investimenti per l’azienda (anche attraverso acquisizioni), dare dividendi ai soci o riacquistare azioni proprie. L’ultimo sistema, in particolare è stato utilizzato per abbellire più del dovuto i bilanci. Secondo i dati di Factset, nel 2014 le aziende yankee hanno speso un totale di 567 miliardi di dollari per il riacquisto di azioni proprie. In altre parole: se una società guadagna 100 dollari ma riduce il numero dei titoli circolanti, allora inevitabilmente l’utile per azione sale, anche se il business stagna.
“Va detto che le aziende americane hanno approfittato dei tassi bassi e delle iniezioni di liquidità per non esprimersi al massimo delle potenzialità”, dice lo studio di AdviceIq. “Dopo la crisi del 2008 si sono concentrate sull’aggiornamento tecnologico e sulla riduzione dei costi ma, potendo contare sul traino della Federal Reserve, hanno viaggiato con i motori al minimo. In una situazione di miglioramento della congiuntura e con la fiducia dei consumatori ai massimi dal 2007, dovrebbero essere in grado di esprimere al massimo le loro potenzialità”.
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