Euro ai minimi, avvio del Quantitative easing della Bce, attesa di una stretta sui tassi negli Usa, forza del dollaro e taglio dei saggi di riferimento in Cina hanno movimentato i mercati in questi primi mesi dell’anno. Cosa aspettarsi nel breve?
Morningstar ha aggiornato le sue previsioni sull’economia globale. Pubblichiamo i dieci punti-chiave dell’analisi di Francisco Torralba, economista di Morningstar Investment Management (MIM).
1. Rischio bolla
Il permanere di bassi tassi di interesse negli ultimi cinque anni ha aumentato il rischio di una bolla sui mercati e quindi di un improvviso calo dei prezzi. Questo pericolo è maggiore negli Stati Uniti e nel Regno Unito, in particolare nel segmento delle obbligazioni high yield, sulle azioni a stelle e strisce e parte del mercato immobiliare.
2. Stretta della Fed
La stretta nella politica monetaria americana genera dei rischi per alcune economie emergenti, per gli investimenti in high yield e in alcune valute dei paesi in via di sviluppo. E’ probabile che i rendimenti a lungo termine aumentino negli Stati Uniti e che la curva obbligazionaria si appiattisca per effetto delle politiche monetarie della Banca centrale americana. Quest’ultima, infatti, ha dichiarato di voler procedere nella normalizzazione dei tassi con l’innalzamento di quelli a breve. Le conseguenze delle decisioni della Federal Reserve saranno attenuate dai flussi di capitali provenienti dall’Eurozona, dal Giappone e dalla Cina, che sosterranno i prezzi delle asset class americane, compresi i bond.
3. Volatilità in aumento
La Fed agirà in modo graduale, contenuto e informando i mercati, per cui sarà minimizzato il rischio di cattive sorprese. In ogni caso la volatilità aumenterà rispetto agli attuali livelli.
4. Emergenti vulnerabili
Fattori di vulnerabilità sui mercati emergenti sono legati alle valute locali, ai prestiti in dollari, a bolle domestiche e alla crescita del credito. Preoccupano soprattutto il Brasile e la Turchia (insieme a Venezuela, Argentina e Ucraina). In termini di macro-regioni, l’Asia-Pacifico è più vulnerabile dell’America latina, che a sua volta è più in pericolo rispetto all’Europa dell’est.
5. Niente deflazione
Il rischio di deflazione è trascurabile. L’inflazione globale dovrebbe tornare su livelli più normali intorno a giugno. E’ probabile, però, che il trend dei prezzi sia più basso e che per l’indice core un valore inferiore all’1,5% diventi la normalità nel medio termine.
6. Usa, politica monetaria troppo accomodante?
Negli Stati Uniti, la ripresa è solida e il tasso di disoccupazione in calo. La politica monetaria è, dunque, troppo accomodante in rapporto allo stato di salute dell’economia. Ma non ci sono rischi di un eccesso di credito.
7. Azioni Usa sotto pressione
I prezzi delle azioni Usa rimarranno sotto pressione, a causa della stagnazione degli utili, della discesa dei margini e di una stretta delle politiche monetarie. Sono probabili rendimenti più bassi e una volatilità superiore rispetto agli ultimi due anni.
8. La Cina rallenta ancora
La Cina crescerà a un tasso inferiore alle aspettative degli economisti, che sono del 6-7% nel medio termine. 3-4% è un livello più probabile. Una crisi finanziaria domestica è un rischio significativo. Proprio per via del rallentamento dell’ex celeste impero, i prezzi delle materie prime non cresceranno molto nel medio periodo. Il paese ha, comunque, dimostrato di saper gestire il rallentamento. Il pericolo di una improvvisa correzione è piccolo, ma presente.
9. Non siamo alla fine del ciclo
Nel complesso, la fine del ciclo finanziario globale non è vicina. Alle politiche monetarie meno espansive della Fed, si contrappongono quelle della Bce e della Banca centrale giapponese.
10. Crescita a passo lento
E’ probabile che nei prossimi 6-18 mesi ci sia una tiepida crescita economica, piuttosto che una recessione, un aumento dell’inflazione, un incremento del rischio di credito e finanziario nei paesi sviluppati e in Cina, in un contesto di decelerazione di lungo periodo.
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