Morningstar, i salari tornano a salire

OUTLOOK MACRO: Crescita più lenta negli Stati Uniti e in Cina. Il Qe favorisce l’Europa. Negli Usa, ci sono segnali di scarsità di manodopera.

Robert Johnson, CFA 08/04/2015 | 10:30
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Punti chiave:

  • L’economia americana è destinata a crescere più lentamente delle stime, dal 2 al 2,5%, ma abbastanza per generare carenze di manodopera.
  • Gli eventi più importanti del primo trimestre sono stati il Quantitative easing della Banca centrale europea (che ha determinato un crollo dell’euro), l’indebolimento della crescita cinese, le pessime condizioni meteo e il rallentamento delle esportazioni statunitensi.
  • Ci sono segnali di scarsità di manodopera, che possono far ripartire l’inflazione e ridurre i profitti societari.

 

Le nostre previsioni economiche per il 2015 rimangono in larga parte intatte. Stimiamo un incremento per Pil (Prodotto interno lordo) reale statunitense compreso tra il 2 e il 2,5%. I consumi, che rappresentano circa il 70% del Pil, saranno il fattore trainante. Maggiori redditi e più occupazione potrebbero spingerli oltre l’aumento del 2014 (+2,5%). E’ partito al rallentatore il settore dell’edilizia residenziale a causa delle cattive condizioni meteorologiche. Gli investimenti delle aziende sono saliti di circa il 6% nel 2014 e potrebbero comportarsi nello stesso modo o un po’ peggio quest’anno, per effetto della riduzione delle spese in conto capitale nel comparto petrolifero. Le esportazioni nette sono state una voce negativa del Pil nel 2014, a causa dell’apprezzamento del dollaro e della debolezza del contesto macro. Nella migliore delle ipotesi, la situazione non dovrebbe peggiorare nel 2015. Infine, l’impatto delle spese governative sulla crescita dovrebbe essere leggermente positivo.

Primo trimestre: rivisto il consensus sulla crescita a causa del calo dell’energia
Il pensiero comune, secondo il quale il minor costo della benzina avrebbe spinto i consumi e, di conseguenza, la crescita del Pil ben oltre il 3%, è sfumato e ora le previsioni parlano di un +2-2,5%. Le condizioni meteo spiegano in parte questa riduzione, ma un ruolo importante ha la caduta dei prezzi energetici. Se da un lato i minori costi della benzina, liberano denaro per i consumi, dall’altro fanno sì che molte persone rischino di perdere il lavoro o lo abbiano già perso. Gli effetti negativi si ripercuotono anche nell’indotto, sotto forma di minori spese in conto capitale.

Il dollaro forte rallenta l’export
L’apprezzamento del biglietto verde pesa sul commercio con l’estero, perché rende meno competitive le merci statunitensi. Per anni si è detto che l’export rappresentava un “magro” 13% del Pil, quindi non avrebbe influito molto sulla crescita, ma nella situazione attuale può fare la differenza. In ogni caso, non pensiamo che il calo sarà così drastico da determinare una recessione.

L’Europa trae vantaggio dal Qe bruciando i tempi
Nel primo trimestre, la Banca centrale europea ha avviato il Quantitative easing (misure di allentamento monetario per stimolare l’economia), annunciando l’acquisto di titoli obbligazionari per circa mille miliardi di dollari. Ciò dovrebbe favorire la ripresa congiunturale, grazie anche alla debolezza dell’euro, supportando le esportazioni e il credito. Se si considera anche il ribasso del prezzo del petrolio, è difficile pensare che il Vecchio continente non possa fare meglio dell’anno scorso. Tuttavia, senza riforme strutturali, difficilmente la ripresa durerà.

Il tasso di crescita cinese non sarà più quello di una volta
Il mondo si sta accorgendo che la Cina non tornerà ai tassi di crescita del 10-12%. Le ultime stime parlando di un incremento del 7% nel 2015, contro il 7,4% del 2014. Prevediamo che nel giro di cinque anni, la percentuale si assesti attorno al 5% a causa della dinamiche demografiche, del rallentamento del mercato immobiliare e della transazione dell’economia da un modello basato prevalentemente sugli investimenti a uno sui consumi. Le proiezioni sono probabilmente più dure rispetto al consensus, ma se corrette potrebbero penalizzare i produttori di materie prime e altri mercati emergenti, almeno nel breve termine. In ogni caso, il peggio per il settore delle commodity dovrebbe essere alle spalle.

Attenzione all’inflazione da incremento salariale
Nonostante molti economisti siano preoccupati che il ribasso del prezzo del petrolio porti alla deflazione, i fattori che potrebbero originare il prossimo ciclo di inflazione sono presenti, con implicazioni per i profitti societari.

Negli anni scorsi, si è parlato molto dell’impatto della situazione demografica sulla crescita e il tema rimane attuale. Negli Usa, il tasso di incremento della popolazione è passato dall’1,8% degli anni Cinquanta allo 0,7% e nei prossimi due decenni potrebbe scendere allo 0,5%. Queste dinamiche, insieme a quelle relative alla produttività, sono fondamentali per comprendere il trend di sviluppo.

Il tema della carenza di forza lavoro è tornato di attualità nel 2015. Quest’anno, per la prima volta, il tasso di cittadini americani tra i 22 e i 62 anni declinerà. La discesa del tasso di disoccupazione, l’aumento dei posti disponibili e la riduzione di quelli in cerca di prima occupazione fa capire che il mercato muove verso il pieno impiego. La crescita dei salari aggiustata per l’inflazione è passata dal -0,3% del 2011 all’1,2% in febbraio (media mobile trimestrale, anno su anno). Negli ultimi 50 anni, i salari reali sono saliti a un tasso medio annuo composto dello 0,7, in un intervallo compreso tra -3 e +4%. I dati sul mercato del lavoro suggeriscono che i salari cresceranno ancora nel prossimo decennio.

Sintesi e traduzione a cura di Sara Silano.

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Robert Johnson, CFA  Robert Johnson, CFA, is director of economic analysis with Morningstar.

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