L’Abenomics funziona davvero?

Grazie al dollaro debole, il turismo è cresciuto del 60% in un anno in Giappone. Una buona notizia per l’economia e il mercato azionario. Il paese si prepara ora alle sfide future.

Emma Wall 21/04/2015 | 09:52
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La Borsa giapponese è in una fase di rally e ha ancora spazio per crescere. Grazie alla politica economica del Primo ministro, Shinzo Abe, le aziende e gli azionisti possono raccogliere i frutti dell’aumento dei profitti.

In passato, il mercato è stato molto volatile a causa della cronica debolezza economica. Il lungo periodo di deflazione e la forza dello yen hanno minato alla fiducia dei consumatori e reso il paese poco attraente per molti investitori esteri. Inoltre, il Giappone deve fare i conti con il progressivo invecchiamento della popolazione, con conseguenze gravi sul debito pubblico.

Nel 2012, Abe è divenuto Primo ministro (lo era già stato nel 2006) e ha potuto contare non solo sul consenso della popolazione, ma anche sul sostegno della Banca del Giappone. Ha vinto promettendo riforme radicali che avrebbero riportato la crescita nel paese. Per questo insieme di provvedimenti è stato coniato il termine Abenomics.

Cosa è l’Abenomics?
Le prime due frecce della politica di riforme di Abe potrebbero avere centrato l’obiettivo, ma la terza è più difficile che arrivi nel bersaglio. La prima consiste nel Quantitative e qualitative easing (QQE), ossia  nell’inondare l’economia di liquidità per stimolare la crescita. L’entità è stata maggiore di quella dei provvedimenti in Eurolandia e Stati Uniti e continuerà a indebolire la moneta, avvantaggiando le esportazioni. La seconda freccia ha riguardato la riforma del sistema fiscale per generare maggiori entrate per l’Erario e si è tradotta, tra l’altro, in un aumento dell’Iva dal 5 all’8% nell’aprile 2014.

La terza, invece, mira a ristabilire la fiducia delle imprese e dei privati nell’economia del Sol Levante, archiviando definitivamente la deflazione. Questo passaggio è chiamato Japan Revitalisation Strategy e ha l’obiettivo di far sì che le imprese trovino la via per rialzarsi e aumentare i profitti. Grazie alla riconferma di Abe nelle elezioni di dicembre 2014, il Primo ministro ha ora il tempo per attuare queste riforme.

Negli ultimi mesi, il governo ha incontrato le principali aziende, tra cui Toyota, Nissan e Panasonic, e insieme hanno deciso di incrementare i salari base dei loro impiegati da aprile. Queste società hanno beneficiato dell’Abenomics nei loro bilanci e anche dello yen debole, per cui è giunto il momento che stimolino i consumi (e quindi l’inflazione), attraverso buste paga più pesanti. Allo stesso tempo, hanno deciso di adottare nuove politiche di remunerazione. Oggi, queste ultime sono basate sul tempo di permanenza in una impresa (più a lungo si lavora, maggiore sarà lo stipendio). Le aziende stanno evolvendo verso modelli fondati sulle performance, in modo da incoraggiare i più bravi a rimanere, in un paese dove la forza lavoro giovane è in calo.

Le grandi società stanno incrementando quanto pagano ai fornitori, in genere società medio-piccole che rappresentano la fetta principale del tessuto produttivo. Questo può portare a un aumento dei salari anche nelle realtà minori e quindi in un ulteriore innalzamento dei consumi.

Cosa potrebbe non funzionare
Abe ha potenzialmente la chiave per far ripartire l’economia, ma anche i più ottimisti non sottovalutano le sfide future.

“Negli ultimi vent’anni, fino al 2012 quando Abe è stato eletto, l’indice azionario Topix non ha sperimentato rally duraturi, al contrario ha toccato i minimi”, spiega James Dowey di Neptune Investment Management.

“Da allora il rialzo è stato del 115%, grazie al Quantitative easing e alla debolezza dello yen, ma questi provvedimenti non sono la cura definitiva. Ci sono rigidità culturali molto forti nell’economia, che sono difficili da sradicare e potrebbero far fallire l’Abenomics”.

Una di queste sfide è rappresentata dal fatto che oltre il 50% dei risparmi delle famiglie sono in liquidità. E’ una scelta che può avere senso in un contesto di deflazione, ma non lo è se l’inflazione continuerà a crescere.

“L’Abenomics ha dato i primi frutti”, dice Dowey. “Prima del QEE, l’inflazione era a -1%, poi è diventata positiva, fino a quando non è aumentata la tassa sui consumi e sono scesi i prezzi del petrolio. Questi due fattori l’hanno riportata intorno allo 0%. Per raggiungere l’obiettivo del 2% fissato dalla Bank of Japan (BoJ), sono necessari ulteriori stimoli monetari”.

Dowey è convinto che la BoJ eccederà nel QEE per assicurarsi il ritorno della fiducia dei consumatori. Una volta che ricomparirà l’inflazione, non sarà più conveniente tenere i soldi sul conto e i risparmiatori si rivolgeranno al mercato azionario. Ciò potrebbe portare gli indici di Borsa più in alto, grazie anche al maggior peso dell’equity nei fondi pensione. Prima dell’Abenomics, solo il 15% dei prodotti previdenziali aveva questa componente, ora sta per raggiungere il 50%. La quota è suddivisa per il 25% in titoli domestici con esposizione globale e una percentuale analoga in quelli stranieri.

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Emma Wall  è Editor di Morningstar.co.uk

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