Il mercato teme il calo della raccolta pubblicitaria delle Tv e sconta il titolo Discovery Communications. La transizione degli investimenti in advertising dalla televisione al web è un trend partito ormai da anni e che è destinato a rafforzarsi nei prossimi anni. Il calo di questi introiti si tradurrebbe anche per il gruppo americano in forte deterioramento dei margini di profitto, ma i nostri analisti riconoscono a Discovery Communication un forte posizionamento all’interno del settore dell’entertainment (Economic Moat) e stimano per i prossimi cinque anni un tasso di crescita medio del 5%.
Discovery è una content company verticalmente integrata. La società possiede canali televisivi nazionali e internazionali e produce da sé la maggior parte dei contenuti che manda in onda. Gli ascoltatori, indipendentemente dalla loro lingua e cultura, dimostrano di apprezzare i suoi programmi e questo forte appeal permette al gruppo di riutilizzare i contenuti su più piattaforme e anche all’estero.
Le fonti dell'Economic Moat
Ognuno dei tre principali canali televisivi del gruppo, Discovery, The Learning Channel e Animal Planet, ha un numero di abbonati superiore ai 94 milioni solo negli Stati Uniti e 300 milioni fuori dai confini nazionali. Questo significa che i potenziali nuovi entranti sul mercato incontrerebbero due ostacoli molto grandi: il primo è legato al costo nel creare nuovi contenuti di qualità comparabile con quella di Discovery, che spende più di 1,3 miliardi di dollari per produrre oltre 2.500 ore di programmazione; il secondo è invece relativo agli elevati oneri di distribuzione che dovrebbero pagare alle operatori delle Tv via cavo, insostenibili se non si ha una solida base di sottoscrittori.
I nostri analisti individuano nel negativo andamento del tasso di cambio, nella migrazione degli investimenti pubblicitari verso il Web e nella maggior concorrenza da parte di società come Netflix e Amazon le principali minacce per i futuro del gruppo, ma credono comunque che il titolo Discovery sia scambiato a sconto rispetto al nostro fair value che è pari a 40 dollari per azione.
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