I mercati di frontiera non vogliono perdere il treno della ripresa globale. L’indice Msci dedicato ai paesi che non sono considerati ancora emergenti nell’ultimo mese (fino al 28 aprile e calcolato in euro) ha guadagnato quasi il 4%, portando a +11,3% la performance da inizio anno.
“Noi riteniamo che aumenterà l’interesse per i mercati di frontiera che stanno in qualche modo maturando”, spiega uno studio di East Capital. “I flussi in questi mercati sono raddoppiati negli ultimi tre anni, tuttavia continuano a rappresentare circa lo 0,4% della capitalizzazione globale. Questi mercati non sono solamente a sconto rispetto a quelli sviluppati e a quelli emergenti, ma sono ancora sotto i loro livelli pre-crisi. A sostegno del tema dei mercati di frontiera ci sono importanti fattori di lungo termine quali la grossa crescita demografica e i bassi livelli di indebitamento. Inoltre la crescita economica media è del 6% contro il 5% dei mercati emergenti e il 2% di quelli sviluppati”.
Restringendo il campo ad alcuni paesi che formano il mondo frontier, il mercato ucraino si è ripreso, ma ha perso il 18,2% in termini di moneta unica a causa di una maggiore debolezza valutaria. Per quanto riguarda la Nigeria e l’Iran, l’indice del paese africano è rimasto in realtà piatto nel corso del trimestre, sebbene abbia registrato un rally di circa il 20% nelle scorse due settimane in termini di valuta locale (i risultati delle elezioni sono stati annunciati solamente nell’ultimo giorno del mese). La Borsa di Teheran, intanto, rimane inaccessibile per gli investitori internazionale. La speranza di molti investitori è che le sanzioni siano tolte nel corso di quest’anno. Una possibilità che si avvicina ora che è stato raggiunto un accordo sul nucleare.
I radar sull’Africa
Uno dei temi dominanti per chi è interessato ai mercati di frontiera resta l’Africa. In molti paesi del continente nero si è osservato negli ultimi anni un tasso di crescita del Pil superiore al 6%, dovuto a politiche economiche e fiscali favorevoli allo sviluppo e alla stabilità economica. “Verso l’Africa Sub-sahariana si sono indirizzati dal 2014 a oggi flussi di investimenti pari a 8,4 miliardi di dollari, di cui circa 1,4 nel 2015, provenienti da Stati Uniti, Asia ed Europa”, dice una nota di Francesco Confuorti, presidente di Advantage Financial. “L’Italia è ancora quasi assente. C’è un gap da colmare e una grande opportunità per le nostre imprese, considerando anche che il modello organizzativo della tipica azienda africana (con l’eccezione dei grandi gruppi multinazionali) si avvicina molto a quello delle Pmi italiane”.
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