Coniugare politiche fiscali accomodanti e spending review è possibile. Anzi, è l’unico modo per tornare a crescere. Almeno secondo Philippe Aghion, influente economista francese e Professore di Harvard (che terrà un seminario sulla teoria della crescita economica organizzato da Morningstar e RCEA durante l’ITForum 2015 di Rimini). I suoi studi si concentrano prevalentemente sulla relazione tra crescita economica e riforme e mettono insieme le teorie della scuola keynesiana della crescita (nella quale la mano dello Stato ha il compito di sostenere il progresso del paese attraverso la spesa pubblica) con la dottrina neo liberista (secondo la quale il compito dei governatori deve limitarsi a legiferare e a mantenere l’ordine pubblico). Aghion parte dall’idea che la crescita delle economie sviluppate sia stimolata principalmente attraverso l’innovazione tecnologica. Per i politici, aggiunge, il modo migliore di intervenire attivamente in questo processo è attraverso delle riforme che mettano insieme stimoli allo sviluppo e tutela sociale.
Fra impresa e Stato
“L’innovazione è l’elemento dal quale non si può prescindere se si vuole realizzare una crescita economica di lungo periodo”, dice l’economista francese in uno studio. “In alcuni casi essa passa attraverso l’aumento della produttività del lavoro o del capitale, in altri per mezzo di nuovi prodotti o di un modo alternativo di combinare i fattori produttivi”. Il soggetto indicato ad assolvere questa funzione, secondo Aghion, è l’impresa. Ogni nuova idea manda in cantina quelle passate e innesca un turnover delle aziende e della forza lavoro. Il compito dello Stato, invece, è quello di bilanciare politiche di incentivo agli investimenti con un certo grado di tutela per le innovazioni già esistenti (in modo da proteggere la rendita del capitale di rischio) e di limitare l’impatto sociale di questo continuo cambiamento. Da una parte, quindi, deve investire nell’università e stimolare la spesa in ricerca e sviluppo da parte delle imprese, dall’altra, agire sulla regolamentazione del mercato in modo da aumentare la concorrenza e la flessibilità del lavoro. Non dimenticando però adeguati strumenti di sicurezza sociale.
Rinunciare all’austerity
Ma com’è possibile attuare questa ricetta in un periodo in cui molti governi nazionali hanno le mani bloccate da vincoli al deficit pubblico e da elevati livelli di indebitamento? Aghion butta nel cestino l’austerity proposta negli ultimi anni dalla Troika (Commissione europea, Bce, Fondo monetario internazionale). Secondo le teorie dell’economista francese, infatti, il modo migliore per stimolare la crescita sarebbe quello di promuovere politiche monetarie e fiscali controcicliche: aumentare la moneta in circolazione, la spesa e il debito pubblico durante le fasi recessive, per poi ridurli in quelle di espansione. In questo modo si eviterebbe il rischio che le imprese possano incontrare delle difficoltà nel reperire la liquidità per finanziare gli investimenti e gli si consentirebbe, attraverso il sostegno ai consumi, di mantenere la propria fetta di mercato.
I governi nazionali dovrebbero, quindi, concentrare i propri investimenti in quelle aree che possono essere il motore della crescita futura come l’università, l’istruzione e la ricerca o nei comparti industriali che hanno elevate esternalità. Le risorse necessarie a sostenere questi interventi andranno cercate prima di tutto nei tagli alla spesa inutile, cioè quella legata alla macchina burocratica. Un maggior decentramento contribuisce, infatti, a ridurre i costi dell’amministrazione pubblica e migliorarne l’efficienza. Inoltre, in caso di necessità, gli Stati potranno aumentare le entrate fiscali senza alzare la pressione fiscale a livelli così alti da scoraggiare gli investimenti privati.
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