Maggiore liquidità porta a mercati più efficienti ma, anche, a un miglior funzionamento dell’economia. Secondo diversi studi, infatti, l’aumento della disponibilità di denaro porta con sé costi minori di finanziamento, più competitività, un miglior funzionamento delle piazze finanziarie e una più bassa volatilità. Inoltre gli investitori, sia retail che istituzionali, sono più propensi ad affacciarsi sul mercato dei capitali, poiché non hanno il timore di andare incontro a grosse perdite a causa dell’impossibilità di uscire in tempo da un investimento sfortunato. Le aziende, (in particolare quelle di piccole e medie dimensioni), da parte loro, per finanziarsi possono considerare il mercato azionario e quello obbligazionario come delle convenienti alternative al canale bancario, dove reperire i capitali di cui necessitano a costi più bassi. “Comprendere la capacità di un mercato di fornire un adeguato livello di liquidità è essenziale per capire se funzione bene”, spiega uno studio preparato dal team di economisti di Goldman Sachs. “Gli investitori hanno la necessità di poter vendere i loro asset in qualsiasi momento con un limitato impatto sulle valutazioni. Gli emittenti hanno l’esigenza di rivolgersi al mercato ogni volta che ne hanno bisogno”
Occhio ai bond
Gli studi più recenti sull’argomento sono arrivati alla conclusione che la liquidità sul mercato, insieme al grado di rischio, sono i fattori che spiegano il diverso rendimento dei bond (a parità di scadenza e di valuta di denominazione). Jocob Ejsing, Magdalena Grothe e Oliver Grothe, in un paper della Banca centrale europea (Liquidity and credit risk premia in government bond yield) hanno provato a spiegare l’impatto della liquidità sui mercati mettendo a confronto l’andamento del differenziale tra i titoli governativi di Francia e Germania e quello misurato sui bond garantiti dai due paesi ed emessi da agenzie governative (per la Germania German Kreditanstalt fur Wiederaufbau, banca di sviluppo tedesca, e per la Francia il French Caisse d’Amortissement de la Dette Sociale, che si occupa del rifinanziamento del debito del sistema pensionistico del paese) nel periodo successivo alla caduta dei mercati azionari (2008/2009) e in quello del post-crisi del debito sovrano (2010/2011).
Dai dati emerge come con lo scoppio della crisi finanziaria lo spread tra i bond governativi a cinque anni di Francia e Germania sia salito dai tre punti base di fine luglio a gli oltre 50 pb nel gennaio del 2009. E come l’incremento del differenziale sia stato ancora più marcato nel settembre del 2011 (70 pb). L’aumento dello spread dei titoli governativi potrebbe essere spiegato dalla diversa percezione del rischio-paese da parte del mercato. Ma il fatto che lo spread tra bond garantiti emessi dalle due agenzie governative sia stato molto più basso (rimanendo addirittura stazionario attorno allo zero tra il 2008 e il 2009) dimostrerebbe, secondo gli autori, come in quel momento il mercato del debito in Francia abbia avuto un problema di scarsa liquidità rispetto a quello tedesco.
Bce e banche
I paesi dell’Unione europea hanno ancora molto da fare in termini di liquidità per recuperare il gap con gli Stati Uniti. Uno studio condotto dalla Commissione europea (Building a Capital Markets Union (2015) sui mercati monetari, delle obbligazioni governative e dei corporate bond ha dimostrato come negli stati Uniti gli indicatori di liquidità siano molto più alti rispetto ad Eurolandia e come questo si traduca in costi di transazione più elevati per gli investitori del Vecchio continente.
Buona parte della responsabilità di questa situazione, secondo gli operatori, sarebbe delle banche. “Gli istituti di credito hanno giocato un ruolo importante nel determinare la liquidità dei mercati. In Europa più che in America”, spiega il report di Goldman Sachs. “E, con le nuove regole di bilancio che obbligano gli istituti ad accantonare maggiori riserve, il livello di liquidità futura dei mercati europei è ancora a rischio”. Una mano a tamponare la situazione sta arrivando dalla Bce che, attraverso i suoi diversi piani di aiuto al sistema finanziario ed economico (l’ultimo sono le iniezioni di liquidità che arrivano con il Qe). “Questo ha portato a una minore partecipazione da parte degli istituti di credito”, spiega lo studio di Goldman. “Nello stesso tempo, però, ha ridato un po’ di fiducia sia a livello finanziario che economico. I mercati, tuttavia, non potranno fare conto su queste misure eccezionali della Banca centrale per sempre”.
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