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Il rating dell’Italia dei fondi è C-

Nell’indagine biennale di Morningstar sull’esperienza degli investitori, migliora il giudizio sui costi, la regolamentazione e tassazione, ma peggiora sulla distribuzione e i media. Trasparenza in linea con gli standard minimi europei.

Sara Silano 09/06/2015 | 11:29
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E’ pari a C- il rating dell’Italia che misura l’esperienza degli investitori in fondi. A dirlo è l’ultimo Morningstar Global Fund Investor Experience, uno studio che mette a confronto le pratiche dell’industria del risparmio gestito in 25 paesi di tutto il mondo in relazione a quattro categorie: regolamentazione e tassazione, grado di trasparenza, costi, distribuzione e media. Il Belpaese si colloca al terz’ultimo posto, insieme al Giappone e davanti alla Cina, che risulta il peggiore (la scala di giudizio va da A ad F).

Rispetto alla precedente edizione del 2013, l’Italia subisce un abbassamento di rating complessivo (era C+). Vediamo nel dettaglio le singole categorie.

Rating complessivo per paese e variazione rispetto al 2013
Rating complessivo per paese

 

Regolamentazione e tassazione
Il giudizio è B-, in miglioramento rispetto a due anni fa. Gli analisti valutano positivamente la riforma fiscale, che ha portato al passaggio dalla tassazione sul capital gain maturato a quella sul realizzato, ossia al momento del disinvestimento per i fondi italiani, allineandoli al trattamento di quelli esteri. “Nonostante questo”, si legge nello studio, “in Italia le tasse riducono il rendimento tipico dell’investimento per un ammontare superiore ai due terzi dei paesi analizzati”.

Rating sul regolamentazione e tassazione e variazione rispetto al 2013
Regolamentazione e tassazione

Grado di trasparenza
Il rating è pari a C, in discesa rispetto al 2013. L’Italia rispetta gli standard pan-europei minimi di trasparenza, quali il documento informativo-chiave previsto dalla normativa (Kiid) e la rendicontazione semestrale. E’ elevata anche la disclosure sui portafogli e i nomi dei manager, ma la partecipazione dei gestori nei fondi non è dichiarata.

Rating sulla disclosure e variazione rispetto al 2013
Grado di trasparenza

Costi
Migliora il giudizio sui profili commissionali, che è pari a C. I costi rimangono mediamente alti, soprattutto per i fondi domestici. Inoltre, come nella gran parte dei paesi europei, sono ammesse le performance fee senza high-water mark, parametro che assicura che il gestore non sia premiato in caso di scarsi risultati. Tuttavia, c’è trasparenza nel prospetto sui profili e le modalità di calcolo dei costi.

Rating sui costi e variazione rispetto al 2013
Costi

Distribuzione e media
L’Italia è stata fortemente penalizzata dal rating di questa categoria, che nel 2015 ha assunto maggiore peso nella valutazione complessiva, passando dal 15 al 25%. “Le pratiche distributive sono un fattore-chiave nel determinare l’esperienza degli investitori”, dicono gli analisti di Morningstar. Lo testimonia anche l’attività normativa europea in materia. Il Belpaese ottiene un rating pari a C (in calo rispetto al 2013). Nonostante le pratiche distributive siano conformi alla direttiva Mifid (Markets in Financial Instruments Directive), la diffusione di consulenti indipendenti dai grandi gruppi bancari è estremamente bassa, così come è molto limitata la possibilità di acquistare i fondi in modo diretto (la quotazione, per il momento, è una via percorsa da poche e piccole realtà).

L’Italia viene bocciata anche sul fronte dei media. Nel 2015 World press freedom index di Reporters Without Borders (organizzazione no profit), usato da Morningstar come parametro per misurare la libertà di stampa, il Belpaese è 73° (su 180 nazioni), dopo la Moldavia e prima del Nicaragua e a un livello più basso di tutti gli altri stati europei. Questo non significa che gli investitori non possano trovare articoli sui fondi su base quotidiana, ma il focus è sulle performance e sui prodotti-civetta, con scarsa attenzione all’educazione finanziaria.

Rating su distribuzione e media e variazione rispetto al 2013
Distribuzione e media

Confronto internazionale
Gli Stati Uniti restano in cima alla classifica con un rating pari ad A (invariato dal 2009), insieme alla Corea, che migliora la sua posizione. Seguono, con A-, Taiwan e i Paesi Bassi. Il Regno Unito progredisce a B+, mentre la Germania scende a C+ e la Francia a C.

Nel complesso, se da un lato nessun paese ha le migliori pratiche in tutte le categorie analizzate, non ci sono neppure nazioni nel grado più basso di giudizio (F). La Cina, che è il peggiore, si aggiudica un D+. Dal 2013, si è visto un miglioramento nella trasparenza dei portafogli e alcuni stati, come il Regno Unito e i Paesi Bassi hanno fatto passi proibendo le retrocessioni, favorendo le architetture aperte e la discesa delle commissioni. Nella maggioranza dei casi, però, (22 su 25) la distribuzione fa capo a banche e compagnie assicurative. Negli ultimi due anni, si è assistito a una semplificazione dei prospetti informativi e a un aumento dei paesi che richiedono di indicare il nome del gestore.  

Leggi i risultati dell’indagine del 2013.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Sara Silano

Sara Silano  è caporedattore di Morningstar in Italia

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