Strategic beta: è questa la definizione che Morningstar ha scelto per indicare gli indici e gli strumenti finanziari passivi che non utilizzano le metodologie tradizionali a capitalizzazione. Comunemente essi vengono denominati smart beta, enhanced beta o alternative beta.
Sono accomunati dall’intento di voler migliorare il profilo di rendimento o di rischio rispetto ai benchmark tradizionali. Il termine strategic significa che gli indici sottostanti sono disegnati in modo da raggiungere un obiettivo strategico, mentre beta sta ad indicare che si tratta di investimenti index-linked.
Le caratteristiche
Nel dettaglio, gli Strategic beta sono caratterizzati dall’essere indicizzati, dal non utilizzo di benchmark tradizionali e dal fatto che questi ultimi spesso sono stati lanciati di recente e con il solo scopo di essere replicati. Infine, generalmente i costi sono inferiori ai fondi attivi, ma superiori agli Etf tradizionali.
I prodotti possono essere raggruppati in tre grandi tipologie.
- Strategie orientate al rendimento: mirano a ottenere un ritorno migliore degli indici standard. Ne sono un esempio, i benchmark value, growth o orientati ai dividendi.
- Strategie orientate al rischio: hanno l’obiettivo di ridurre o aumentare la volatilità rispetto a un indice tradizionale. Ne sono un esempio quelle low volatility o high beta.
- Altre strategie: comprendono una vasta diversificata che va dagli indici non tradizionali sulle materie prime a quelli multi asset.
Nella tabella seguente presentiamo una tassonomia più dettagliata.
Tassonomia degli Strategic beta
Con il tempo, è aumentata la complessità di queste strategie, alcune delle quali combinano più fattori e si avvicinano molto alla gestione attiva.
I pilastri dell’analisi
Morningstar classifica gli Strategic beta all’interno delle Categorie Morningstar, in modo da facilitare il confronto con i gestori attivi. Il quadro di riferimento per la valutazione è costituito dai 5 “pilastri” dell’analisi qualitativa (processi, rendimenti, costi, società di gestione e persone). Rispetto ai fondi attivi, l’enfasi su questi fattori cambia, dal momento che si tratta di prodotti indicizzati. In particolare, processi e costi sono elementi-chiave, mentre il gestore ha meno rilevanza. E’ importante, infine, analizzare la struttura organizzativa, il sistema di controllo del rischio, le economie di scala e le capacità di trading.
Occhio all’indice
Per comprendere il processo di investimento di un Etf Strategic beta, il metodo migliore è analizzare come è costruito l’indice, leggendo i documenti redatti dall’index provider. Due fondi con nomi simili possono avere performance differenti a causa di benchmark diversi. Ad esempio iShares MSCI World Minimum volatility e Ossiam World Minimum variance, nonostante le apparenze non replicano lo stesso indice. Il primo prende come riferimento un indice Msci che seleziona un sotto-insieme del paniere globale, caratterizzato da titoli con una bassa volatilità dei rendimenti. Il secondo utilizza l’Ossiam World Minimum Variance Index, che segue l’andamento di una selezione delle azioni più liquide tra quelle principali dell'indice S&P Global 1200® Index, con l’eccezione di Asia e America latina.
Lo studio della metodologia aiuta anche a comprendere come la composizione del portafoglio differisce da quella di Etf tradizionali. Ad esempio, PowerShares Ftse Rafi US 1000 espone alle società mid e large cap statunitensi, ma i pesi di ciascuna non sono definiti dalla capitalizzazione, bensì da indicatori di bilancio, come ad esempio il volume di vendite, il book value o i dividendi.
L’analisi delle performance
Per valutare i rendimenti si possono usare più approcci. La performance attribution permette di scomporre il risultato complessivo di un fondo in singole componenti autonomamente identificabili nel processo di gestione di un portafoglio e comprendere la sovra-sotto performance rispetto all’indice di riferimento. L’analisi fattoriale, invece, è finalizzata a comprendere le scommesse del fondo in relazione a determinati fattori, come il premio per il rischio, le dimensioni e il momentum per le azioni, oppure la duration e la qualità del credito per le obbligazioni. In questo modo, si può conoscere, non solo il comportamento passato, ma anche fare delle ipotesi su quello futuro. E’ utile soprattutto quando la strategia è molto dinamica e complessa. Infine, è bene confrontare l’Etf con i concorrenti (compresi i fondi attivi) appartenenti alla stessa categoria, non solo in termini di rendimenti, ma anche di costi, e valutare il livello di rischio insito nella metodologia adottata. Se è vero che nessuna strategia è valida per tutte le fasi del mercato, è altrettanto vero che ciascuna ha rischi propri, che l’investitore deve comprendere ed essere disponibile a tollerare.
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