Sovraperformare il mercato si può. Grazie alla rotazione sistematica del portafoglio. La strategia di adottare un’asset allocation dinamica ha infatti l’obiettivo di individuare quelli che sono, o promettono di essere nel futuro, i comparti con le migliori prospettive di crescita in modo da realizzare rendimenti superiori alla media.
La necessità di monitorare costantemente e di modificare la ripartizione del portafoglio dipende dal fatto che i settori rispondono in maniera diversa alle fasi del ciclo economico (alcuni vanno meglio nei periodi di espansione, come quelli ciclici, e altri in quelli di stagnazione, come i difensivi), e anche da ragioni meramente psicologiche, poiché molto spesso gli investitori si espongono su un comparto semplicemente perché in quel momento tutti quanti lo fanno e vogliono seguire il trend di mercato.
Questo approccio, sebbene scarsamente utilizzato dagli asset manager (perché non permette una oggettiva misurazione dei risultati raggiunti) è una delle strategie Smart beta più comuni. Salite alla ribalta nei primi anni del 2000, quando il crollo dei mercati azionari internazionali ha mostrato come le strategie di investimento di tipo passivo o semi-passivo non siano in grado di proteggere il capitale in caso di un prolungato andamento negativo dei mercati e che anche la gestione attiva del portafoglio ottenga risultati contrastanti, queste strategie cercano di superare le inefficienze degli indici tradizionali (azionari, obbligazionari e sulle materie prime) attraverso un metodo alternativo nell’attribuzione dei pesi per i diversi asset, nel tentativo di garantire all’investitore un miglior rapporto rischio/rendimento.
L’approccio di Shiller: il CAPE ratio
Una delle ragioni che limita l’utilizzo della rotazione sistematica dell’asset allocation è la soggettività nel determinare la regola da seguire per la scelta dei settori tra i quali ripartire il capitale investito. Robert Shiller, economista americano e docente all’Università di Yale, ha dato un prezioso contributo allo sviluppo di questo approccio attraverso l’elaborazione del CAPE Ratio.
L’idea che sta dietro questo indicatore è molto simile al metodo dei multipli utilizzato per l’analisi delle società di capitali: sfruttare l’inefficienza del mercato nella valutazione dei titoli per realizzare un ritorno degli investimenti superiori alla media. Il Cape ratio di Shiller, però, non è una mera applicazione del P/E (price/earning) per la valutazione dei settori economici, ma introduce anche alcuni miglioramenti all’indicatore. Diversamente dal P/E, infatti, il CAPE ratio non tiene conto degli utili dell’ultimo esercizio ma prende in considerazione il valore medio dei risultati riportati negli ultimi dieci anni e lo corregge per il tasso di inflazione. In questo modo l’attendibilità del dato non è inficiata dalla volatilità di breve periodo e la valutazione che ne deriva, essendo meno dipendente da una particolare fase del ciclo economico, può essere utilizzata per orientare i propri investimenti in un’ottica di medio/lungo termine.
Come determinare l’asset allocation
Per la determinazione dell’asset allocation ottimale, Shiller utilizza una versione normalizzata del CAPE ratio. Per permettere un’adeguata comparazione tra settori economici differenti, con diverso grado di maturità e andamento degli utili e con regimi di regolamentazione differenti, l’economista americano provvede a dividere il valore corrente dell’indicatore per la sua media calcolata sugli ultimi 20 anni. La lettura dell’indice che ne consegue è molto semplice: valori attorno all’unità indicano che il settore è valutato in linea con la sua media storica, mentre se il rapporto è inferiore a uno vuol dire che il mercato sta sottovalutando il comparto.
La strategia seguita da Shiller, quindi, è quella di selezionare, tra i 10 settori economici, i primi cinque con il CAPE ratio più basso. Una volta individuati i comparti più sottovalutati, fa un’ulteriore scrematura eliminando quello che presenta il momentum più basso. Questo indicatore misura il grado di accelerazione degli utili e dei ricavi societari. Quest’ultima esclusione ha l’obiettivo di evitare di cadere nella cosiddetta value-trap, cioè nell’errore di investire in un comparto che è ormai nella sua parabola discendente o che stenta ancora a svilupparsi.
Il CAPE ratio alla prova dei fatti
Il metodo Shiller supera anche la prova dei fatti. L’indice Shiller Barclays CAPE Europe Sector Value, costruito appunto sulla base di questo approccio, ha battuto l’Msci Europe generando un extrarendimento annuo del 5,67% tra il 2008 e il 2014, mantenendo un livello di volatilità in linea con quello del benchmark. Il CAPE ratio ha permesso, inoltre, di limitare la perdita massima, realizzando una striscia negativa del -21,05% contro il -24,63% realizzato dall’indice Msci. Per sette settori su dieci l’indicatore è riuscito a individuare i periodi in cui essi hanno prodotto un rendimento superiore alla media. Nel segmento ETFPlus di Borsa italiana, è quotato un solo Etf che espone a tale indice, Ossiam Shiller Barclays Cape® Europe Sector Value.
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