Gli investitori con un orizzonte temporale di lungo termine dovrebbero evitare di coprire il rischio di cambio. A dirlo sono gli analisti di Morningstar che hanno studiato i rendimenti in dollari degli indici azionari internazionali negli ultimi 40 anni, scoprendo che non ci sono significative differenze tra le performance aggiustate per questo tipo di pericolo e quelle che non lo sono.
Nel periodo considerato, il biglietto verde ha registrato dei movimenti ciclici ampli e pluriennali. Dal 1973 ci sono stati due massimi, nel 1985 (aggressiva politica monetaria della Federal Reserve contro l’inflazione) e nel 2001 (bolla di Internet, introduzione dell’euro nel 1999 e crisi asiatica). In entrambi i casi, ai picchi sono seguiti dei declini causati da decisioni delle banche centrali e dall’indebolimento della situazione economica. Un altro esempio è il 2008. Nonostante la crisi finanziaria, il dollaro si è rafforzato, perché considerato un porto sicuro.
Poteri di acquisto
Il trend del biglietto verde prova la complessità dei mercati valutari. “Nel lungo termine, i tassi di interesse, l’inflazione, la crescita economica e la bilancia corrente tendono a determinare l’andamento delle valute”, spiega Patricia Oey, analista di Morningstar, “Ciò è coerente con il principio di parità del potere di acquisto, che si verifica quando il cambio tra due monete, che possono fluttuare liberamente tra loro, si assesta dove il loro purchasing power è alla pari. Di conseguenza, nel lungo termine, esse non dovrebbero generare rendimenti reali”.
Breve e lungo termine
Se questo è vero, gli investitori dovrebbero essere indifferenti all’uso delle strategie con o senza copertura. Ma è proprio così? Gli analisti hanno confrontato gli indici Msci Eafe (che comprendono Europa, Australasia e Far east) nelle due versioni (per quella con hedging verso il dollaro hanno tenuto conto anche dei costi di copertura). L’analisi mostra che in fase di rialzo della divisa americana, l’indice hedged fa meglio e viceversa in quelle di ribasso, ma i ritorni a cinque anni rolling dal 1988 (data di inzio di calcolo della versione coperta) al 2014, rivelano che l’impatto del cambio è minimo.
Dal punto di vista della volatilità, il discorso cambia. L’indice hedged attenua l’impatto delle fluttuazioni del cambio sui rendimenti. Tuttavia, il ritorno aggiustato per il rischio dei due indici è simile sul lungo termine. “Questo suggerisce che gli investitori sono compensati per il maggior rischio delle fluttuazioni valutarie”, dice Oey.
Lo studio di Morningstar considera anche il ruolo nel portafoglio di un americano delle due versioni dell’indice, ipotizzando che sia composto al 60% dall’S&P 500 e al 40% dall’Msci Eafe e ribilanciato ogni anno. Mentre negli ultimi dodici mesi, il paniere hedged è andato decisamente meglio in termini di rendimento corretto per il rischio, su orizzonti più lunghi le differenze tendono a essere minime.
Le mosse delle banche centrali
E’ bene anche non farsi trarre in inganno dai recenti eventi sui mercati valutari. Negli ultimi anni, le banche centrali di Europa, Stati Uniti e Giappone sono state molto trasparenti sulle loro decisioni di allentamento monetario, rendendo abbastanza facile prevedere i movimenti delle principali divise mondiali. Ma non sempre è così: si pensi ad esempio alla mossa a sorpresa della Svizzera a gennaio 2015, quando ha eliminato i paletti nel rapporto con l’euro.
Gli analisti sconsigliano, quindi, di fare scommesse valutarie scegliendo le versioni coperte o non coperte di Etf a seconda delle condizioni di mercato. “Il market timing è difficile da realizzare con successo”, dicono, “meglio concentrarsi sulla ricerca di buoni strumenti a basso costo e senza preoccuparsi troppo di coprire il rapporto di cambio. Un messaggio controcorrente, se consideriamo che a livello globale i replicanti hedged stanno avendo molto successo. Nel solo mese di maggio hanno raccolto 4,3 miliardi di dollari.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.