Dave Sekera: La tragedia del debito greco, che si protrae da ormai quattro anni, sta rapidamente avvicinandosi alla fine. I negoziati per il rifinanziamento del salvataggio della Grecia si sono rotti e il primo ministro ha indotto un referendum nazionale. L'intento di questo referendum è quello di chiedere agli elettori se il paese debba accettare le condizioni imposte dell’UE al fine di estendere ulteriormente i finanziamenti europei. Il risultato è stato che la Grecia non è riuscita a onorare il pagamento dovuto previsto per fine giugno e la Bce ha deciso di non estendere ulteriormente il suo programma straordinario di assistenza. Perciò, la Grecia ha chiuso il suo sistema bancario per sei giorni fino al 6 luglio.
Anche se questo avrà certamente un impatto negativo sui cittadini greci e renderà più complicata la lotta dell’Europa per stimolare una maggiore crescita economica nella zona euro, non pensiamo che un default greco e l'eventuale uscita dall’euro avranno un impatto significativo sugli spread creditizi delle obbligazioni societarie.
Quando la crisi del debito greco emerse alcuni anni fa, la situazione era molto diversa. Le economie di alcuni paesi periferici dell’Eurozona erano in condizioni traballanti, con sistemi bancari interni ai quei paesi che stavano vivendo problemi a causa di prestiti in sofferenza. Il debito greco era detenuto da numerose banche in Europa e gli analisti erano preoccupati che le perdite subite da un default ellenico in quel momento avrebbero potuto portare al fallimento di diverse banche. Con gli spread del credito corporate che si ampliavano proprio in ragione del pericolo di default, il sistema bancario ha cominciato a ridurre i prestiti tra le banche a causa di tali preoccupazioni tra le controparti. Con il rischio di insolvenza in aumento nel sistema bancario, lo spread sul credito sovrano dei paesi periferici aumentò molto, poiché gli investitori prezzavano il rischio che gli stati avrebbero avuto bisogno di indebitarsi ulteriormente per salvare i loro sistemi bancari. Come successo negli Stati Uniti durante la crisi del 2008-2009, questo processo si alimentava su se stesso, allargando continuamente lo spread di credito societario. Questo è durato fino al famoso “whatever it takes” a sostegno della zona euro del presidente della Bce, Mario Draghi.
La differenza, oggi, è che il Pil reale della zona euro si sta espandendo, anche se a un ritmo modesto, e il sistema bancario è stato in grado di innalzare i suoi livelli di capitale. Inoltre, il 75-80% del debito della Grecia è ora detenuto da creditori come il Fondo monetario internazionale, la Bce, l’Ue e altri veicoli finanziari di salvataggio. Perciò, in caso di default greco, la quantità di perdite che sarà assorbita dal sistema bancario sarà piuttosto bassa. Saranno i contribuenti europei che, indirettamente, assorbiranno l'impatto di tali perdite. In più, la Bce è è partita tre mesi fa col suo programma di acquisti di titoli di Stato, il che sta fornendo ulteriore liquidità al sistema bancario, oltre alla creazione del meccanismo europeo di stabilità nel 2012 proprio per gestire tali situazioni. In sostanza, mentre potremmo vedere gli spread del credito corporate allargarsi nel breve termine, quelli creditizi non dovrebbero ampliarsi in modo significativo, in quanto anche lo scenario peggiore non porterà timori di una crisi finanziaria sistemica.
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