Unilever restituisce agli azionisti i frutti della crescita. Negli ultimi cinque anni il gruppo anglo-olandese è riuscito ad aumentare sistematicamente la cedola grazie ad un progresso medio dei ricavi del 4% e un payout (la quota di utili distribuiti ai soci) costante al 60%. Le azioni della società, secondo gli analisti di Morningstar sono dunque molto interessanti in ottica di dividend yield, ma alle attuali quotazioni di mercato non garantiscono adeguati guadagni in conto capitale. L’ADR (American Depositary Receipt) quotata sul Nyse è infatti scambiata a prezzi sostanzialmente in linea con il nostro fair value che è pari a 45 dollari.
Le fonti dell'Economic Moat
“Unilever riesce a sostenere una politica di dividendo così generosa grazie alla elevata profittabilità della sua gestione”, dice Erin Lash analista azionario di Morningstar. “L’azienda può vantare un portafoglio marchi di grande valore che le garantisce un pricing power molto elevato. Inoltre, la rete di distribuzione capillare le permette di collocare i propri prodotti su ogni mercato e l’elevata scala di produzione le garantisce un vantaggio di costo nei confronti dei concorrenti”.
Nonostante la sua posizione di vantaggio nei confronti dei competitor (Economic Moat), Unilever continua a investire in nuovi prodotti, a finanziare l’attività di marketing e a promuovere politiche di razionalizzazione dei costi. Questi sforzi stanno avendo successo e a dimostrarlo ci sono i numeri relativi all’aumento del fatturato, guidato sia da una crescita dei prezzi che dai maggiori volumi di produzione.
Le previsioni degli analisti
Gli analisti ipotizzano per i prossimi cinque anni un progresso medio dei ricavi del 5,3% e un margine operativo stabile attorno al 42%. Tali stime si basano sul forte consenso raccolto dai prodotti dell’azienda e in particolare dal rilancio di marchi americani storici come Domestos e Hellmann. Il gruppo, inoltre, continuerà a lavorare anche nel futuro sul suo portafoglio dismettendo quelli scarsamente profittevoli per acquisirne di nuovi. Il secondo fattore di crescita è rappresentato dai mercati emergenti che, al momento, rappresentano oltre il 60% del fatturato.
L’andamento sfavorevole dei tassi di cambio ha ridotto il loro contributo sul giro d’affari complessivo, ma la domanda proveniente da queste regioni continuerà a superare quella dei paesi occidentali. Sebbene essi rappresentino una parte consistente delle vendite complessive, non vi è nessun singolo mercato che pesa in maniera determinante sui ricavi e questo contribuisce a limitare la volatilità delle vendite.
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