La questione greca è tutt’altro che archiviata. E’ vero, Atene ha dovuto piegare la testa alle richieste dei creditori per avere nuovamente accesso al credito, poter riaprire le banche ed evitare di uscire dalla zona euro. Ma il bilancio, avvertono gli operatori, sia dal punto di vista politico che da quello dei listini è meno positivo di quello che può sembrare a prima vista e di quello che i rialzi delle Borse di questi giorni lasciano intuire.
A che punto è Atene
Con il voto del parlamento ellenico nella notte fra mercoledì e giovedì sulle prime misure economiche previste dall’accordo raggiunto dal premier greco, Alexis Tsipras, con i capi di stato e di governo della zona euro è stato dato il via libera alla riforma dell’Iva (con l'aumento dell'imposizione su pasta, pane e latte), alla fine delle agevolazioni per le isole e all'intervento sulle pensioni con la fine del ritiro anticipato dal lavoro nel 2022. L'insieme di queste misure vale circa tre miliardi. In questo modo si apre la strada alla definizione del prestito ponte di 7 miliardi. La soluzione verso la quale si sta andando è l'uso del fondo per le urgenze finanziarie degli stati membri dell'intera Unione europea (European financial stability mechanism), che ha a disposizione 13 miliardi. La sua attivazione rende necessario il consenso di alcuni paesi non euro perché la decisione deve essere presa a maggioranza qualificata. Il “no” britannico, già anticipato, sta complicando le cose. Il Regno Unito è sostenuto da Repubblica Ceca, Danimarca e Svezia. Una soluzione però è stata definita nelle ultime ore: si cercherà di convincere i riottosi ad accettare la garanzia di un collaterale a fronte di un eventuale mancato pagamento da parte della Grecia. Intanto si avvicina l'inizio del negoziato fra Atene e i creditori sul mega-prestito, che dovrebbe aggirarsi attorno ai 40-50 miliardi per un programma complessivo fra 82 e 86 miliardi (questa è la necessità finanziaria entro il 2018). Il countdown, nel frattempo, avverte che mancano quattro giorni alla scadenza del pagamento di 3,5 miliardi alla Bce da parte del Tesoro greco.
La parte difficile deve arrivare
“Il raggiungimento dell’accordo potrebbe rivelarsi la parte più facile della questione ellenica. Prima di tutto perché non c’è ancora completa chiarezza sui termini degli aiuti. Senza contare che la Grecia potrebbe andare a nuove elezioni, con rischio che un nuovo governo metta in discussione tutto quello che è stato raggiunto fino ad ora”, spiega Andy Brunner, analista di Morningstar. “Atene, inoltre, dovrà essere capace di dimostrare di saper attuare le riforme che ha votato. L’incertezza, insomma, rimane e le questioni più difficili devono essere ancora affrontate”. Fra queste c’è la sostenibilità del debito greco. Un paper redatto dal Fondo monetario internazionale spiega, in soldoni, che per essere in grado di restituire i soldi il paese dovrà arrivare a un avanzo primario del 3,5% rispetto al Pil dal 2018 in poi. Un obiettivo ambizioso ma che, secondo i calcoli del Fondo, è necessario per raggiungere un rapporto debito/Pil del 110% che consenta ad Atene di avere i mezzi necessari per andare avanti e per rispettare i suoi obblighi con i creditori. “Per questo il debito ellenico dovrebbe essere tagliato di almeno il 30%”, spiega uno studio di Christophe Bernard, capo degli strategist di Vontobel. “Questo dimostra che un possibile piano di ristrutturazione dovrà essere studiato bene se si vuole veramente dare una mano al recupero della Grecia”.
Ritorno ai fondamentali
Dal punto di vista operativo, il contagio e la volatilità dei mercati causati dalla crisi greca sono diminuiti: Atene rappresentava un fattore di rischio per gli investitori anche due e tre anni fa, per cui gli investitori non si sono trovati di fronte a una situazione sconosciuta. Inoltre, l’economia della Grecia è relativamente piccola e i meccanismi per prevenire il contagio sono stati messi in atto dopo la crisi finanziaria globale. Infine, l'ammontare del debito pubblico greco detenuto all'interno del settore privato è minimo. “I mercati azionari e obbligazionari europei non hanno subito sostanziali scossoni durante la crisi. Per quanto riguarda i bond dei paesi dell’area periferica dell'euro e il bund tedesco, invece, l’allargamento degli spread indica che il rischio di premio è aumentato come conseguenza della crisi di Atene”, spiega una nota di State Street. “C'è ancora molta incertezza che circonda la situazione greca, una volta risolta, gli investitori dovrebbero rivolgere il loro focus nuovamente sui fondamentali positivi della regione europea”.
In questo senso i dati sulla crescita dell’Eurozona nel secondo trimestre sono stati incoraggianti, in linea con un’espansione del Pil di circa l’1,5% – 2%. “Uno dei fattori principali è la domanda interna, con le vendite al dettaglio nell’intera area della moneta unica che ad aprile e a maggio si sono attestate a 2,4%, al di sopra della media del primo trimestre”, dice un report firmato da David Basola, responsabile per l’Italia di Mirabaud AM. “Inoltre, la fiducia dei consumatori rimane elevata: sebbene di recente sia leggermente diminuita, non c’è stata alcuna contrazione nella registrazione di nuovi autoveicoli, dopo il forte incremento visto nel primo trimestre”.
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