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L’oro ha bisogno solo di una lucidata

Le quotazioni del metallo giallo sono ai minimi degli ultimi anni e, dicono gli operatori, resteranno basse ancora per un po’. Ma, aggiungono, ci sono le condizioni per una ripresa dei corsi nel medio e lungo termine di cui potranno approfittare le società minerarie. 

Marco Caprotti 28/07/2015 | 11:40
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Non sono solo i cinesi a fare lo sgambetto all’oro. La crisi del metallo giallo, dicono gli operatori, è figlia di diverse situazioni che, nel breve periodo, continueranno a pesare sui corsi. Ma, nel medio e lungo termine, le cose potrebbero andare diversamente.

La debolezza del più famoso dei beni rifugio è iniziata nel 2011, dopo una corsa durata 12 anni. A dare una spallata in più e a riportare la questione sotto i riflettori ci ha pensato nei giorni scorsi la Banca popolare cinese quando, nel suo primo aggiornamento in oltre sei anni, ha reso noto che le proprie riserve auree ammontano a 53,32 milioni di once troy: in aumento del 57% rispetto alla fine del 2009, ma sotto di circa la metà rispetto a quanto stimato dagli osservatori. Questo ha fatto scivolare le valutazioni a 1.073,67 dollari l’oncia, il livello minimo degli ultimi cinque anni.

Ma la colpa di tutta questa situazione non può prendersela solo Pechino. “L’oro si sta confrontando con situazioni avverse di vario tipo: la frenata della domanda privata cinese e indiana, la ridotta richiesta di riserve d'oro da parte delle Banche centrali e la preferenza sempre più marcata dei mercati per asset rischiosi, mentre l'inflazione è lontana dal rendere necessarie misure di controllo”, spiega uno studio preparato dal team Cross Asset Research di Lyxor. “Noi crediamo che il prezzo dell'oro sia molto vulnerabile durante questa fase in cui il mercato è orientato verso gli asset più rischiosi e che sia fortemente esposto alle politiche monetarie di normalizzazione della Fed del prossimo semestre, che porteranno un potenziale apprezzamento del dollaro e un incremento degli yield obbligazionari. Riteniamo, inoltre, che la situazione corrente, che presenta un'inflazione benigna - anche se da rettificare al rialzo - non giustifichi ancora l'uso dell'oro come bene rifugio”.

Il prezzo salirà?
Passando dal qui e ora alle prospettive future, però, la situazione cambia. “Le nostre previsioni ci dicono che l’oro arriverà a 1.283 dollari l’oncia nel 2018. Un livello che dovrebbe essere in grado di tenere anche su una distanza più lunga”, spiega Kristoffer Inton, analista di Morningstar. “Questo valore tiene conto anche degli investimenti che le società minerarie dovranno sostenere per mantenere gli attuali livelli di produzione”. A far crescere la richiesta di nuovo metallo giallo dovrebbe essere, peraltro, proprio la Cina che, insieme all’India, è il maggior consumatore del prezioso minerale. “Le nostre previsioni partono da un aumento della domanda dei due paesi emergenti che rappresentano i mercati privilegiati, soprattutto per quanto riguarda la clientela privata”, continua Inton. “Alla luce dell’importanza culturale che l’oro ha nelle due aree, ci aspettiamo che l’aumento della ricchezza delle famiglie cinesi e indiane faccia da carburante a un aumento della richiesta del metallo giallo”.

Nel frattempo, la situazione di debolezza del settore viene anche vista come opportunità di consolidamento. Rajesh Exports, il più grande operatore e commerciante indiano di oro ha annunciato di aver acquisito il gigante della raffinazione di metallo, la Valcambi, per 400 milioni di dollari in contanti. Nel corso della presentazione dell’operazione a Bombay, la società indiana ha sottolineato di non temere il recente ribasso dei prezzi del minerale.

 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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