In Italia continua il dominio dei comparti a scadenza predefinita. A giugno, Morningstar stima flussi netti positivi per la categoria dei “Bilanciati altro” (che contiene prevalentemente questa tipologia di fondi) pari a 684 milioni di euro, a fronte di un risultato complessivo netto negativo di oltre 150 milioni di euro. Il 65% della raccolta da inizio anno è legato ai cosiddetti “bilanciati a cedola”, prodotti con una data obiettivo (generalmente pari a cinque anni) che aggiungono un’esposizione azionaria all’investimento in obbligazioni.
Terzo mese consecutivo in negativo, invece, per la tipologia degli Obbligazionari a scadenza (124 milioni di deflussi a giugno dopo i 111 milioni di maggio e i 170 milioni di riscatti ad aprile), un trend coerente con il fatto che questi prodotti subiscono una chiusura totale dopo la fine del periodo di collocamento. In altre parole è il lancio di nuovi comparti a guidare la raccolta, che diventa negativa per tutti quelli di precedente emissione.
Il successo dei Bilanciati
Quello dei prodotti a scadenza è un fenomeno relativamente recente e limitato al segmento retail. A gennaio 2013 il totale delle masse nelle due Categorie Morningstar “Obbligazionari a scadenza” e “Bilanciati altro”era l’11% del patrimonio totale investito nei domiciliati in Italia. A giugno 2015 questa percentuale è invece salita al 33%, grazie soprattutto ai bilanciati, che raggiungono oggi oltre 56 miliardi di euro di asset under management. Se prima del 2013 esistevano soltanto 41 prodotti di questo tipo, nel 2013 ne sono stati lanciati 89, nel 2014 quasi 100 e nei primi sei mesi del 2015 un totale di 64. La discesa dei rendimenti dei bond europei ha invece reso meno interessanti le cedole degli obbligazionari, a parità di rischi. Anche per questa ragione le società di gestione hanno ridotto il lancio degli “Obbligazionari a scadenza predefinita” dai 32 del 2013 ai 21 del 2014 fino ai 10 della prima metà del 2015.
In generale, dal 2013 a oggi la macro categoria dei Bilanciati ha più che raddoppiato le proprie masse, diventando la principale tipologia di fondi tra quelli italiani (anche più amata del reddito fisso).
Non tutte le società italiane, comunque, stanno cavalcando il trend di questa tipologia di prodotti. Tra le più attive ci sono le Sgr appartenenti a gruppi bancari o con forti legami con un network di filiali. Anche questo dato non sorprende, se pensiamo che questi comparti sono generalmente caratterizzati dalla presenza di una commissione di collocamento (che può variare dall’1% fino al 4,25%) corrisposta ai distributori e pagata al termine del periodo di lancio. A giugno a fare la parte del leone è stata ancora una volta Eurizon Capital, con quasi 600 milioni di euro di flussi netti in entrata verso i Bilanciati altro italiani.
Poiché la maggior parte di questi fondi è partita da pochi mesi non è possibile esaminarne le performance su orizzonti temporali di medio lungo termine. Infatti, solo 23 su un totale di 298 classi hanno un track record di almeno tre anni. Nei 12 mesi fino alla fine di giugno 2015, però, ne contiamo 180. Può essere interessante notare come in termini di Sharpe Ratio (una misura delle performance corrette per i rischi data dal rapporto tra excess return e volatilità) solo in 32 (meno di un quinto) abbiano fatto meglio della media di Categoria Morningstar Bilanciati Moderati EUR – Globali, e solo 10 abbiano realizzato rendimenti migliori (anche se, va sottolineato, molti di essi hanno avuto una esposizione azionaria inferiore alla media dei bilanciati moderati globali, che è attorno al 40%).
Nel complesso, il team di Manager Research di Morningstar considera questa tipologia di prodotti costosa (in media), difficile da comparare, complessa da usare nel contesto di un portafoglio diversificato e contraddistinta dalla presenza di vincoli maggiori per manager e investitori.
I numeri in prospettiva
Quelli italiani restano tuttavia una goccia nel mare magnum dei fondi di investimento disponibili. Se, infatti, esistono oggi oltre 27mila classi autorizzate alla vendita in Italia, soltanto poco più di 1.000 sono qui domiciliate (meno del 5%). Inutile fare un confronto per gli Etf, dato che non ne esistono di domiciliati nel Belpaese. Delle 2.468 classi lanciate dal 1984 ad oggi, quelle attive sono appunto 1.070; 1.398 sono stati i comparti fusi (la stragrande maggioranza) o liquidati.
Escludendo i fondi garantiti, target date o a capitale protetto (che generalmente presentano una data di scadenza e che comunque non sono molto numerosi), dei 921 fondi attivi a fine dicembre 2000, 688 sono stati successivamente fusi o liquidati, 323 dei quali a meno di dieci anni dal lancio. Dei 1.069 fondi attivi a fine 2006 solo in 342 sono ancora disponibili.
Guardando alle performance, notiamo che meno della metà del migliaio di fondi nostrani attivi riceve Morningstar Rating: molti non hanno in realtà un track record sufficientemente lungo o appartengono a categorie che non ricevono stelle (come appunto i prodotti a scadenza predefinita). La distribuzione dei rating si concentra nel mezzo, con il 46% dei comparti che riceve tre stelle (contro il 35% per ciascuna Categoria Morningstar). Tra gli elementi che ne condizionano il giudizio quantitativo vi sono almeno due fattori. Il primo è relativo ai costi: più della metà degli italiani ha un livello di commissioni “Alto” o “Superiore alla media” rispetto ai propri concorrenti di categoria. Il secondo riguarda le performance di lungo termine ed è legato al notevole turnover di questi veicoli, che spesso sono fusi, liquidati o cambiano mandato di investimento: su 10 anni (l’orizzonte temporale con il peso maggiore nel calcolo del rating) il posizionamento percentile medio in termini di Morningstar Risk-Adjusted Return è il 58esimo.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.