La miglior diversificazione è la più semplice

Nonostante la proliferazione di prodotti per variare la composizione del portafoglio, le obbligazioni investment grade (ad altà qualità) hanno fornito il miglior antidoto alla volatilità delle azioni durante gli ultimi 10 anni.

Christine Benz 30/07/2015 | 11:21
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Pubblichiamo un’analisi di Christine Benz riferita al mercato americano dei fondi di investimento, che fornisce alcuni spunti di riflessione anche per gli investitori italiani. Le categorie Morningstar sono quelle utilizzate negli Stati Uniti e non in Europa.

 

Negli ultimi cinque anni, sia in corrispondenza di rialzi che di ribassi azionari, i titoli di stato di lungo termine si sono mossi, con estrema regolarità, nella direzione opposta rispetto alle azioni. Al contempo, altre tipologie di strumenti comunemente utilizzate dagli investitori per gli arrotondamenti di portafoglio (fondi su metalli preziosi, fondi su materie prime, fondi immobiliari, ai fondi neutrali) hanno avuto alterne fortune sul fronte della diversificazione. Chiaramente il futuro può essere differente  rispetto al recente passato, ma questi dati indicano che gli investitori alla ricerca di diversificazione potrebbero fare molto peggio rispetto al detenere un portafoglio azionario/obbligazionario plain vanilla.

Tracciando le correlazioni
Il database di Morningstar Direct, dedicato agli investitori istituzionali, fornisce un immagine di quanto le varie asset class siano state tra loro correlate nel corso del tempo, in base alla loro performance mensile. Correlazioni negative indicano movimenti opposti tra gli investimenti, mentre valori vicini ad uno sono segno di un movimento quasi sincronizzato.

Per questa analisi sono state utilizzate sia le tipiche categorie dei fondi comuni di investimento  che un numero ristretto di singoli fondi rappresentativi di categorie inesistenti 10 anni fa. Sono state quindi esaminate le correlazioni passate su un arco di tre, cinque e 10 anni. In virtù di una elevata somiglianza tra il grafico delle correlazioni a tre e cinque anni, vengono mostrai esclusivamente i grafici a tre e 10 anni (file PDF).

Gli investimenti numerati lungo l’asse orizzontale corrispondono a quelli che hanno la stessa numerazione lungo l’asse verticale. Quindi, partendo dall’alto e guardando alla destra del quinto elemento (categoria dei fondi statunitensi open-end moderate allocation, o bilanciati moderati), la prima colonna rappresenta la sua correlazione con il primo elemento (categoria dei fondi statunitensi open-end large-blend), la seconda rappresenta la correlazione con il secondo elemento (categoria dei fondi statunitensi open-end foreign large-blend) e così via.

Le obbligazioni ce l’hanno fatta
Come si può notare, la categoria dei fondi statunitensi open-end sui titoli di stato a lungo termine è la sola che presenta una correlazione fortemente negativa con entrambe le categorie di fondi azionari (statunitensi large-blend e foreign large-blend) così come con la categoria dei bilanciati moderati (moderate-allocation nel grafico). In entrambi i casi, comunque, non è un fenomeno che caratterizza solo fasi rialziste del mercato. Nonostante le correlazioni a 10 anni non raggiungano i picchi negativi toccati sui tre anni, queste rappresentano comunque la relazione più negativa rappresentata dal grafico a 10 anni.

Uno sguardo ai rendimenti annuali del Vanguard Long-Term Treasury illustra in maniera chiara questa relazione inversa.  Considerando l’andamento dello S&P 500 (­+37% nel 2008,+27% nel 2009 e +32% nel 2013) i rendimenti di lungo periodo dello strumento, negli stessi anni, sono stati rispettivamente del +23%, -12% e -13%. Livelli di correlazione così negativi sono riscontrabili solo in un’ altro caso: quello tra l’ Oppenheimer Commodity Strategy Total Return (rappresentativo della categoria commodities broad-basket, inesistente per tutti e 10 gli anni considerati) e i titoli di stato a lungo termine. La correlazione del fondo sulle materie prime con la categoria dei bilanciati moderati, degna di nota poichè la maggior parte degli investitori utilizza materie prime per diversificare i propri portafogli azionari/obbligazionari, è invece molto più alta.

Si noti inoltre che la correlazione tra la categoria dei fondi obbligazionari di medio termine e gli azionari statunitensi non risultano poi così basse o, addirittura, negative. Questo perché la maggior parte dei fondi obbligazionari di medio termine detiene in portafoglio una quota giusta di obbligazioni corporate e non governative, che dà quindi allo strumento una sensibilità maggiore ai movimenti dei prezzi azionari rispetto ai titoli di stato.

Nonostante la correlazione tra il Barclays U.S. Aggregate Bond Index e la categoria large-blendnon sia rappresentata  nei grafici, questa risulta essere più bassa della correlazione tra il tipico fondo di medio termine e la medesima categoria large-blend: rispettivamente -0,18, -0,32 e -0,01 durante i precedenti tre, cinque e 10 anni. A giudicare dalle passate correlazioni è quindi probabile che un replicante dell’indice aggregato possa risultare un miglior miglior modo per diversificare rispetto al tipico fondo a medio termine gestito attivamente. Di contro, in virtù della loro enfasi su obbligazioni corporate e non governative, la maggior parte dei fondi attivi a medio termine ha sonoramente battuto l’indice aggregato durante i precedenti tre e cinque anni.

Diversificazione? Non così tanta
Le altre asset class hanno avuto fortune alterne nell’ apportare benefici di diversificazione in relazione alle azioni o a mix tra azioni e obbligazioni statunitensi (gli investitori possono guardare alla categoria dei bilanciati moderaticome una proxy di questi ultimi). Dopo le obbligazioni investment grade, il miglior strumento di diversificazione qui rappresentato è l’ SPDR Gold Shares,un Etf che acquista lingotti d’oro. La categoria dei fondi azionari sui metalli preziosi ha presentato in generale una bassa correlazione con la categoria dei fondi statunitensi large-blend durante gli ultimi tre anni, ma la correlazione a cinque e 10 anni dell’SPDR Gold shares è stata ancora più bassa. Correlazione che rimane ragionevolmente bassa anche rispetto alla categoria dei bilanciati moderati.

I benefici in termini di diversificazione apportati dalle altre asset class sono stati minori, sia in relazione alla categoria dei large-blend che a quella dei bilanciati moderati. La categoria market-neutral è stata la sola competitiva durante la passata decade, facendo segnare una correlazione incredibilmente bassa con entrambe le categorie. Nonostante ciò, la correlazione a tre e cinque anni ha compiuto un importante balzo, risultando decisamente superiore rispetto al valore riscontrato sui 10 anni.

I fondi immobiliari hanno invece mostrato un andamento opposto. Le correlazioni con l’S&P 500 si sono significativamente alzate durante e immediatamente dopo il periodo ribassista, come discusso in questo articolo, risultando abbastanza elevate sui cinque e 10 anni, ma in diminuzione sui tre. Punto di volta è stato il periodo del taper tantrum (quando i mercati si sono agitati per la possibilità che la Fed alzasse il costo del denaro) durante il secondo quarto del 2013, che ha scosso sia gli strumenti sensibili ai tassi di interesse come le obbligazioni, sia i fondi immobiliari. Durante gli scorsi tre anni si è infatti assistito ad un aumento della correlazione tra obbligazioni e fondi immobiliari, con una contemporanea diminuzione della loro correlazione con le azioni.

In maniera sorprendente, vista anche la contemporaneità tra scarsa performance e rialzo delle azioni statunitensi, le correlazioni a tre, cinque e 10 anni dell’ Oppenheimer Commodity Strategy Total Return con i fondi azionari e con la categoria dei bilanciati moderati, non sono state poi così basse.

Correlazioni straniere in calo
Nonostante molti investitori abbiano iniziato a prendere come un dogma il fatto che la performance statunitense e quella dei mercati stranieri sarebbero tra loro strettamente correlate, una delle sorprese più grandi presentate dai dati è stato proprio il calo delle correlazioni a tre anni tra fondi statunitensi large-blend e fondi stranieri large-blend. Le problematiche valutarie spiegano molta di questa divergenza. Anche se i mercati stranieri sviluppati si sono ristabiliti, l’indebolimento dell’euro rispetto al dollaro ha causato una forte underperformance dei fondi stranieri privi di copertura (la maggior parte) rispetto ai fondi azionari statunitensi.

 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Christine Benz  is Morningstar's director of personal finance and author of 30-Minute Money Solutions: A Step-by-Step Guide to Managing Your Finances and the Morningstar Guide to Mutual Funds: 5-Star Strategies for Success. Follow Christine on Twitter: @christine_benz and on Facebook.

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