Nonostante le numerose riforme, il sistema pensionistico italiano resta traballante. A certificarlo è il secondo rapporto sul “Bilancio del sistema previdenziale italiano”, redatto dal Comitato tecnico scientifico di Itinerari Previdenziali e recentemente presentato al governo.
Innanzitutto, si certifica un problema di sostenibilità finanziaria. Secondo lo studio, infatti, nel 2013 la spesa pensionistica complessiva ha raggiunto l’importo di 214,5 miliardi di euro. L’ammontare delle entrate contributive è stato pari a 189,2 miliardi. Il saldo tra entrate e uscite è negativo e il disavanzo complessivo di gestione ha raggiunto nel 2013 i 25,3 miliardi (+22% sul 2012) il che conferma il trend fortemente negativo che ha caratterizzato il triennio 2010-2013 e che riporta il disavanzo ai livelli del 1995. Dietro questa tendenza ci sono gli effetti occupazionali negativi della crisi che hanno diminuito i lavoratori attivi e soprattutto il fardello dell’Inpdad (gestione dei dipendendi pubblici) inglobato dall’Inps.
Poca chiarezza sul futuro
Oltre alle difficoltà di natura contabile, comunque, Itinerari Previdenziali mette l’accento su quello che probabilmente è il cuore del problema: la mancanza di un vero progetto di welfare.
“Perché un sistema pensionistico nel suo complesso funzioni in un paese maturo, occorre che ci sia una precondizione generale e almeno due presupposti fondamentali”, si legge nel report. “Anzitutto, come precondizione, occorre che i decisori politici abbiano un progetto di welfare, cioè conoscano a fondo la situazione economica, di gettito fiscale/contributivo e demografica attuale e futura con proiezioni almeno a 50 anni (tutti dati assolutamente disponibili). Poi occorrono i due presupposti: incentivi alla previdenza complementare (senza i quali è difficile far partire un sistema complementare) e una costante ed efficace comunicazione sulla situazione pensionistica di tutti ed in particolare dei giovani post 1996”.
Per quanto riguarda gli incentivi, l’associazione si è sempre schierata contro l’aumento delle tasse sui fondi pensioni introdotto dal governo con l’ultima Legge finanziaria, arrivando anche a proporre alcune soluzioni (clicca qui per leggere).
Finalmente la busta arancione, ma occhio ai parametri
A livello informativo, invece, Itinerari Previdenziali spinge per avere finalmente un’azione che comunichi con chiarezza ai lavoratori i futuri tassi di sostituzione, in modo da avere un’idea dell’assegno che si andrà a percepire una volta in pensione. Sintomatica in questo senso la storia infinita della “busta arancione” (dal colore della lettera che ogni anno il governo svedese invia ai suoi cittadini per comunicare la stima della pensione), la quale, dopo anni di annunci caduti nel vuoto e numerosi stop, ha visto finalmente la luce sotto la nuova gestione di Tito Boeri. In Italia, l’iniziativa è stata battezzata “La mia pensione”.
Dal primo luglio 2015, infatti, sul sito dell’Inps, i lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti, alle Gestioni speciali dei lavoratori autonomi e alla Gestione separata, potranno avere simulare il proprio tasso di sostituzione e anche la data di pensionamento. Dal 2016, il servizio dovrebbe essere esteso anche ai dipendenti pubblici e agli altri lavoratori. Il simulatore per il calcolo è basato sui fattori che concorrono a determinare l’importo della pensione e l’età pensionabile come la contribuzione versata all’Inps, a sua volta legata agli eventi che riguardano la vita lavorativa (come disoccupazione, cambio attività), e sui parametri macroeconomici, quali l’andamento del Pil, la crescita dei salari e l’aspettativa di vita certificata dall’Istat.
Pil e stipendi, però, sono il nodo su cui ancora una volta si accende la polemica. Il sistema, infatti, calcola di default una crescita annua del Prodotto interno lordo e del montante contributivo dell’1,5%, una stima che per molti osservatori risulta troppa generosa. Basti pensare che nel 2014, per la prima volta, la media quinquennale del Pil italiano è risultata negativa (-0,19%). Lo scorso anno, il Pil italiano ha registrato una diminuzione tendenziale dello 0,3% e per quest’anno si stima un +0,6-0,7%.
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