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Scommessa Italia

Gli investitori continuano a comprare asset della Penisola nonostante una situazione macro difficile. I motivi di ottimismo non mancano. Ma si devono verificare alcune condizioni. 

Marco Caprotti 05/08/2015 | 10:33
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Gli investitori continuano a dare fiducia all’Italia. L’indice Msci del Belpaese nell’ultimo mese (fino al 3 agosto e calcolato in euro) ha guadagnato il 5,5%, portando a +25,8% la performance da inizio anno. Andamenti che indicano una scommessa azzardata, considerando che lo scenario macro della Penisola, almeno nell’immediato, non è dei migliori.

Il nodo occupazione
Secondo l’Istat a giugno il tasso di disoccupazione è cresciuto di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente, arrivando al 12,7%, dopo il calo nel mese di aprile e la fase stazionaria di maggio. Nei dodici mesi il numero di disoccupati è aumentato del 2,7% (+85mila) e il tasso di disoccupazione di 0,3 punti percentuali. A giugno, rileva ancora l’Istat, “dopo la forte crescita registrata nel mese di aprile (+0,6%) e il calo nel mese di maggio (-0,3%), gli occupati diminuiscono dello 0,1% (-22mila) rispetto al mese precedente”.

La situazione del lavoro viene monitorata da vicino anche dagli organismi internazionali. “Senza una significativa accelerazione della crescita, alla Spagna ci vorranno quasi 10 anni e a Italia e Portogallo quasi 20 anni per ridurre il tasso di disoccupazione a livelli pre-crisi”, spiega  il Fondo monetario internazionale nell’ultimo report dedicato all'Eurozona, in cui si legge che “una disoccupazione alta probabilmente continuerà per un po'”. Nello Stivale, in particolare, si stima che il “tasso naturale di disoccupazione (definito come il tasso di disoccupazione a inflazione stabile, Ndr) resti più alto di quello visto durante la crisi”.

Altre cattive notizie sono arrivate dagli ordini dell'industria, calati del 2,5% a maggio rispetto al mese precedente. Su base tendenziale la flessione è dello 0,5%, frutto di un +4,9% degli ordinativi interni e di un -7,5% di quelli esteri. Il fatturato, invece, al netto dei fattori stagionali, ha registrato un incremento mensile dell’1,2%, con aumenti sia sul mercato interno (+1,1%) sia su quello estero (+1,3%). L'indice grezzo del fatturato è invece, diminuito, in termini tendenziali, dello 0,9%. Corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di maggio 2014), il fatturato totale su base annua è cresciuto, invece, del 2,4%.

La fase difficile della crescita è stata fotografata anche dall’inflazione: in calo sul mese e stabile sull’anno. A luglio 2015, secondo le stime preliminari Istat, l'Indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (il cosiddetto Nic), al lordo dei tabacchi, è diminuito dello 0,1% su base mensile mentre, come a giugno, è aumento dello 0,2% su base tendenziale.  La stabilità dell'inflazione, spiega l'istituto di statistica, è dovuta a dinamiche differenziate per le diverse tipologie di prodotto: l'attenuazione del calo tendenziale dei prezzi degli energetici regolamentati (-1%, da -3,6% di giugno) e l'accelerazione della crescita su base annua di quelli di alcune tipologie di servizi hanno bilanciato le spinte al ribasso dei prezzi degli energy non regolamentati e degli alimentari non lavorati”. L’inflazione acquisita per il 2015 è a +0,1% (era +0,2% a giugno).

L’Italia crescerà se…
Chi, in mezzo a tutto questo, prova a dare ragione agli ottimisti è la Banca D’Italia che, nel suo ultimo Bollettino, prefigura un progressivo rafforzamento della ripresa ciclica. “Nello scenario principale il Pil è visto in crescita dello 0,7% nel 2015 e in accelerazione dell’1,5 % nel 2016. L’inflazione al consumo dovrebbe aumentare gradualmente: dallo 0,2% di quest’anno all’1,1% nel 2016. La ripresa dell’attività produttiva si tradurrebbe in un progressivo miglioramento dell’occupazione, pari a 1,5 punti percentuali nel biennio; il tasso di disoccupazione scenderebbe dal 12,6% del 2014 all’11,9% del 2016”.

Una ripresa che, qualora si verificasse, sarebbe da attribuibile in larga parte alla dinamica degli investimenti. “Che però alla fine del 2016 rimarrebbero ancora, in rapporto al PIL, inferiori alla media storica”, dice il report.

Affinché tutto questo accada, però, si devono verificare alcune condizioni. “Il quadro delineato presuppone la prosecuzione degli effetti dello stimolo monetario sui tassi di cambio, sui rendimenti a lungo termine e sulle condizioni del credito”, recita il Bollettino. “Si basa inoltre sul presupposto di un graduale rafforzamento della domanda estera, soprattutto di quella proveniente dai nostri partner europei, nonché sulle ipotesi di una permanenza del prezzo del petrolio sugli attuali livelli”. 

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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