Troppi nemici minacciano l’oro. Un paradosso, se si considera che la materia prima è da sempre considerata il migliore dei porti. Sul mercato, fanno notare gli operatori, si stanno verificando dei fatti che potrebbero dare una spallata al valore del metallo giallo trasformandolo però in una buy opportunity da seguire con attenzione.
La fine di luglio è stata un brutto periodo per l’oro: nonostante i problemi del debito della Grecia ancora freschi nella memoria, la questione simile di Porto Rico e i sell off sulle piazze azionarie cinesi, il metallo giallo ha registrato 10 sessioni consecutive di ribassi fino ad arrivare a 1.099 dollari l’oncia, il livello più basso degli ultimi cinque anni. Le vendite hanno avuto una spinta quando la Cina, per la prima volta in sei anni, ha annunciato la quantità delle sue riserve: 1.650 tonnellate, il 60% in più rispetto al 2009, ma la metà di quello che si attendeva il mercato.
Poi è scesa in campo la speculazione più dura. Nel corso di una seduta si è verificato quello che, in gergo tecnico, si chiama mini flash-crash quando sul mercato asiatico sono comparse improvvisamente cinque tonnellate di prodotto. Poca roba (circa 2,7 miliardi in dollari e un quinto di una normale giornata di contrattazioni), ma abbastanza per far crollare le valutazioni del 4% (poi c’è stato un rimbalzo).
L’ultima volta che il metallo giallo si è comportato in questo modo è stato il 6 gennaio 2014 quando qualcuno ha immesso sul mercato un massiccio ordine di vendita per poi ritirarlo: una pratica usata nell’high frequency trading e chiamata quote stuffing (si immettono grandi ordini fittizi per costringere i concorrenti a elaborarli facendogli così perdere tempo. Una pratica finita più volte sotto la lente delle autority di vigilanza).
Cosa pesa sull’oro
Ma, al di là dei casi di manipolazione, ci sono motivi più seri per cui il metallo giallo batte la fiacca. Il primo è la forza del dollaro. Come le altre commodity, anche il prezioso minerale viene trattato in valuta Usa. L’aumento del valore della divisa (viaggia intorno ai massimi degli ultimi 12 anni) rende quindi costoso acquistare questo asset per gli investitori non americani. C’è poi la questione dei tassi di interesse americani che già a settembre potrebbero salire. E quando il costo del denaro aumenta di solito gli asset che non danno rendimento come l’oro (che non paga cedole e non distribuisce dividendi) subiscono il contraccolpo. Il terzo elemento da considerare è il rallentamento globale: gli indici manifatturieri in giro per il mondo non stanno viaggiando come dovrebbero. Quello cinese, ad esempio, da tre mesi è sotto il livello di 50 (il limite che separa le fasi espansive da quelle di contrazione).
Arrivano le feste
La buona notizia è che il calo dei prezzi dovrebbe stimolare la domanda da parte della clientela privata. Soprattutto quella di India e Cina che, insieme, rappresentano la metà del consumo mondiale di oro. “I prossimi mesi saranno importanti per il mercato aurifero. L’11 novembre ci sarà il Diwali (la Festa delle luci in India, Ndr). Poi arriverà il Capodanno cinese. Sono due eventi che di solito fanno impennare gli acquisti di oggetti preziosi da regalare”, spiega uno studio di Frank Holmes, responsabile degli investimenti di US Global Investors. “Non a caso tutti gli anni, a partire da settembre, si registra un’ascesa dei prezzi dell’oro”.
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