Trimestre in chiaro-scuro per Unicredit. Gli analisti di Morningstar confermano il fair value a 5,50 euro e raccomandano prudenza nell’esporsi sul titolo della banca italiana che, al momento, è scambiato attorno ai 6,40 euro.
Dati contrastanti
Tra le buone notizie ci sono i miglioramenti registrati sul versante della raccolta di depositi, salita del 3,5% grazie soprattutto al contributo offerto dalle controllate in Polonia, Austria e in altri paesi dell’Europa dell’Est. Nell’ultimo trimestre il common equity Tier 1 (indicatore relativo alla stabilità patrimoniale delle banche) è passato dal 10,1% al 10,9%, anche grazie alla parziale dismissione della società di gestione Pioneer Investments e alla minor esposizione ad asset rischiosi.
“Il nostro giudizio sul sistema bancario italiano resta comunque negativo, data la bassa solvibilità dei prestiti e la negativa congiuntura economica, e questo influisce anche sulla valutazione del portafoglio crediti di Unicredit”, dice Sebastien Pigeon analista azionario di Morningstar. “L’Italia pesa per il 46% sul totale delle concessioni dell’istituto e questo contribuisce a spiegare la crescita delle sofferenze dal 5% del 2007 all’attuale 11%. La situazione nel Belpaese sta lentamente migliorando, ma la bassa fiducia delle famiglie e delle imprese non lascia pensare a una decisa inversione di tendenza”.
L'utile nasconde la bassa profittabilità
L’utile netto ha registrato un balzo del 29,5% a quota 533 milioni di euro, ma il miglioramento è da imputare al più basso tax rate. Altri indicatori, infatti, dimostrano come la profittabilità dell’istituto di credito sia rimasta bassa: il reddito operativo è sceso del 6,6%, il turnover degli asset (che indica la capacità di un’azienda di trasformare le attività in bilancio in ricavi) è sceso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno dall’1,45% all’1,41% e il rendimento del capitale (ROE) continua a essere più basso del costo sostenuto per finanziarlo.
Unicredit ha un portafoglio di asset non core pari a 75 miliardi di euro che alla fine dello scorso esercizio hanno prodotto perdite per 1,7 miliardi. Inoltre, la banca è fortemente dipendente dal mercato italiano che, oltre a soffrire della negativa congiuntura economica, è caratterizzato da una eccessiva concorrenza (con 680 istituti presenti sul territorio e circa 54 filiali per abitante). Questi fattori pesano sulla profittabilità della banca e danno sostegno alle previsioni degli analisti che non vedono nel breve periodo un ritorno ai livelli pre-crisi.
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