Coach paga il prezzo del cambiamento, ma la forza del marchio garantisce solide basi su cui costruire il futuro. Il titolo è scambiato a un tasso di sconto di oltre il 35% rispetto al fair value e rappresenta una delle migliori idee di investimento all’interno del comparto luxury.
Nel quarto trimestre le vendite sono scese del 12% (-8% a cambi costanti) per effetto della forte contrazione del mercato nordamericano (-20%), mentre sui mercati internazionali (-5%) il gruppo ha pagato l’apprezzamento del dollaro. In calo anche il margine operativo, che ora è su livelli lontani dai massimi storici (superiori al 30%).
L’azienda si è data l’obiettivo di competere con i leader del settore e per questo ha avviato un piano di trasformazione che passa attraverso l’ampliamento della gamma di prodotti, il rinnovamento di numerosi negozi e l’apertura di nuovi store in Cina e in Europa, una nuova acquisizione nel segmento footwear (Stuart Weitzman, società americana attiva nel design e nella produzione di calzature per donne) e il finanziamento di iniziative di marketing per promuovere l’evoluzione a brand globale del lusso.
La crescita all'estero aiuta i margini
Nonostante il negativo andamento del fatturato negli ultimi trimestri, il Gross margin si è mantenuto attorno al 70%, a testimonianza di come il valore del brand garantisca un elevato mark-up sui prezzi di vendita e questa è una base importante su cui costruire il futuro dell’azienda. Il potenziale di crescita è ancora elevato e il principale driver è rappresentato dall’espansione sui mercati internazionali. Il successo riscosso in Giappone, dove negli ultimi dieci anni i ricavi sono continuati a salire (a differenza dei maggiori competitor che hanno registrato un calo delle vendite), è infatti la prova che il marchio Coach ha le potenzialità per affermarsi anche oltreoceano.
“Le nostre stime indicano un progressivo miglioramento del margine operativo che, dopo i minimi raggiunti in questo esercizio (sotto la soglia del 19%), dovrebbe riportarsi attorno al 26%, e questo anche per effetto della diluizione delle spese di marketing prodotta dalla crescita del fatturato all’estero”, dice Paul Swinand analista azionario di Morningstar. “Nel 2016 le vendite sono viste ancora deboli attorno al +1,9%, mentre nei successivi quattro anni il progresso dei ricavi dovrebbe attestarsi attorno al 7%”.
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