Gli emergenti cambiano pelle

L’andamento dell’economia mondiale sta costringendo i paesi in via di sviluppo a rivedere i propri modelli di crescita. La trasformazione non è indolore e la Cina complica le cose. 

Marco Caprotti 27/08/2015 | 09:40
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I paesi emergenti cercano di cambiare rotta ma non riescono a ritrovare la strada del rialzo. L’indice Msci EM nell’ultimo mese ha perso il 16,6%, portando a -11% la performance da inizio anno (dati in euro al 25 agosto). La fuga degli investitori si spiega in parte con il peggioramento delle prospettive di crescita globale (che ha convinto gli investitori ad allontanarsi dagli asset considerati più rischiosi) ma, anche, con il prossimo rialzo dei tassi Usa che spinge gli operatori a orientarsi su attività finanziarie denominate in dollari.

Caos Cina
A complicare le cose per l’intero segmento ci si è messa anche la Cina. Il governo del paese asiatico è intervenuto in Borsa dopo che le vendite sui listini locali, fra metà giugno e inizio luglio, avevano bruciato il 30% del loro valore. Le autorità hanno reagito con una serie di misure volte a stabilizzare il mercato, tra cui tagli dei tassi d'interesse e dei coefficienti di riserva obbligatoria, la sospensione delle Ipo (che riducono la liquidità del mercato), il divieto ai maggiori azionisti di vendere i loro investimenti per sei mesi, l'imposizione di limitazioni alle vendite allo scoperto e l'incoraggiamento a banche, società di intermediazione, compagnie assicurative e fondi pensione ad acquistare azioni. Gli interventi non sono piaciuti ai mercati che hanno interpretato il piano come un tentativo dello stato di condizionare i corsi di Borsa. Il sentiment degli operatori non è migliorato quando la Banca popolare cinese ha deciso di svalutare lo yuan, provocando un piccolo terremoto sui mercati globali che hanno ricominciato a mettere in dubbio la tenuta della prima economia emerging e dell’intera congiuntura mondiale.

Problemi comuni
Va detto che i problemi che stanno affrontando ora gli emergenti non si esauriscono con il Paese del Drago. “Il rallentamento degli scambi commerciali a livello globale sta spingendo le economie in via di sviluppo a ripensare il loro modello di crescita”, spiega uno studio firmato da Alex Wolf, economista di Standard Life Investments. “I paesi emergenti, in particolare quelli i cui modelli di crescita si basano sulle esportazioni, devono adattarsi a una domanda esterna debole, al basso prezzo delle materie prime e al ribilanciamento della Cina. Di conseguenza le esportazioni sono state molto deboli nella prima parte dell’anno, soprattutto a causa dei bassi prezzi delle materie e di un dollaro più forte, anche se, escludendo questi due fattori, è ancora evidente che sia la debolezza della domanda esterna a incidere maggiormente”.

I dati del World Trade Monitor mostrano che nei paesi emergenti i volumi degli scambi sono notevolmente diminuiti rispetto alla prima parte dell'anno e i dati sui singoli paesi mostrano che le esportazioni sono rimaste deboli nel secondo trimestre. “La debolezza della domanda interna cinese ha un certo peso. Le esportazioni coreane sono diminuite del 6,8% nel secondo trimestre rispetto al 2,9% del primo, mentre a Taiwan le esportazioni sono in caduta del 9,8% contro il 4,1% del primo trimestre”, spiega lo studio di Wolf. “Detto questo, le esportazioni si sono leggermente riprese nel mese di giugno, con i dati più forti in Cina, Corea, Vietnam e Brasile suggerendo un rafforzamento dell'economia americana e una ripresa in Europa”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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